La Nuova Sardegna

Papassini e pane di sapa in tavola per i defunti

di GIOVANNI FANCELLO
Papassini e pane di sapa in tavola per i defunti

I dolci tradizionali sardi per celebrare “sos mortos” che tornano in visita Dal mosto cotto una grande varietà di prelibatezze a volte dimenticate

3 MINUTI DI LETTURA





In Sardegna per la commemorazione di tutti i defunti si festeggia secondo differenti rituali: is animeddas, su mortu mortu, sos mortos, s’immurti immurti e su prugadòriu. Una celebrazione legata ai ritmi della natura e dalle antiche origini. Nello stesso periodo dell’anno si collocano eventi dalla narrazione importante, come anche la costruzione dell’arca di Noè prima che il diluvio universale, inondasse ogni cosa. Si è già provveduto alla semina; il sole appare più tardi e perde l’abbagliante sua luce; le foglie ingialliscono e cadono; tutto fa pensare ad un momento di stanchezza, di riposo, di trapassato, di luoghi più bui, dove si crede vaghino i defunti. Il camposanto per l’occasione è tappezzato di crisantemi, considerati nel mondo portatori di benessere, gioia e prosperità, mentre in Italia, sono associati al lutto, ai momenti tristi, un dono per i defunti. All’imbrunire, i lumini con le fiammelle tremolanti, evocano atmosfere dalla poesia lugubre, forse inquietante.

La sera del 31 di ottobre, però, si apparecchia di tutto punto la tavola, con un posto in più: bicchieri, brocca d’acqua e tovagliolo, posate, esclusi coltello e forchetta, per evitare che qualche anima possa vendicarsi, per quei dissidi insoluti con qualche persona ancora viva. Tutto è pronto per la cena in famiglia. Finita la cena si lascia apparecchiato, con un piatto di pasta ben condita, per i defunti che amano tornare nei luoghi già conosciuti. Non si deve chiudere la porta a chiave e lasciare aperti gli sportelli dei mobili, per facilitare la visita delle anime. Ora forse, questi riti non si rispettano più, ma un tempo i bambini fin dal pomeriggio che precedeva la festa di Ognissanti, percorrevano le strade del paese, con la bisaccia o sacchetto in spalla, e bussavamo alle porte delle famiglie chiedendo in coro: A nde faghides de bene pro sos mortos? Tutti donavano volentieri qualcosa ai bambini: noci, mandorle, castagne, pabassinos, melagrana e fichi secchi, perché in Sardegna la venerazione dei morti è legata al cibo. Al calar della notte, si rientrava col bottino. Il rapporto fra il cibo e il mondo dei defunti ha origini antiche: gli Egizi, per esempio, seppellivano i defunti con scorte di cibo, perché ritenevano che l’aldilà avesse una durata più lunga della vita terrena. Così facevano anche i Babilonesi, Greci e Latini che mettevano nelle tombe pane, vino, miele e fave, queste ultime, perché si riteneva contenessero le anime dei defunti. È propizia l’occasione per preparare i dolci, principalmente a base di sapa, ricavata da mosto concentrato. Il mosto, sia di uva bianca sia nera, si versa prima che inizi a fermentare, in una capiente pentola e la si adagia sul fuoco. Nel sobbollire leggermente, si schiuma man mano che la schiuma affiora in superficie. Si continua a cuocere fino a completa concentrazione del mosto. Innumerevoli e prelibati sono anche i dolci della tradizione che si possono creare utilizzando l’antica sapa: su trigu cotu, su cixirau, su pane de saba, sa terica, su pabassinu e su pistiddu.

È per la festa dei morti che si perpetuano riti, e si preparano dolci a volte dimenticati come s’anca de cane, s’anchitortu, su pabassinu isladolzadu e su pane arrubiu, per la gioia dei bimbi che si travestono e tra un morso e l’altro giocano con la paura della morte e scherzosamente colloquiano con le anime di chi ci ha preceduto.

Primo piano
La tragedia

Chi era Fabio Tanda, l’uomo morto dopo la puntura di una vespa

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative