La Nuova Sardegna

Némus e il tragicomico mondo di Telévras

di Grazia Brundu
Némus e il tragicomico mondo di Telévras

Da oggi in libreria per la casa editrice Elliot il nuovo romanzo dello scrittore Premio Campiello, “L’eresia del Cannonau”

14 novembre 2019
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Chi si aspettava un paio di morti ammazzati, resterà deluso. Questa volta non ce n’è nemmeno uno, anche se nel corso del romanzo un tentativo di omicidio, periferico alla trama, si trova comunque. La sensazione è che Gesuino Némus – all’anagrafe Matteo Locci, come sanno i lettori – non ne possa più delle regole del romanzo giallo. Gli sono sempre andate strette. Cinque libri fa potevano anche essere utili al debutto, visto il colore dominante delle classifiche di vendita. Ma adesso, con “L’eresia del Cannonau”, in uscita oggi per Elliot, l’insofferenza è ancora più evidente. Anche nel nuovo libro (l’autore lo presenta stasera alle 19 a Olbia, in corso Umberto 33, in anteprima per il festival “Tinte fosche”) c’è un caso da risolvere: la sparizione inspiegabile di Jasmine, otto anni, autistica, figlia di due venditori ambulanti africani di passaggio a Telévras, il micro mondo di tutti i romanzi di Némus, a partire dal 2015 con “La teologia del cinghiale” (Premio Campiello opera prima). Ma quello che davvero interessa allo scrittore di Jerzu è, forse più che nei volumi precedenti, l’esperimento antropologico su una micro comunità, «quasi una tribù amazzonica refrattaria al progresso», l’equilibrio tra conservazione e cambiamento a contatto con gli emissari del mondo esterno che arrivano dal “Continente”, o dal Nord Europa per comprare le case a un euro, dai barconi dei migranti, o dalla tv dei plastici alla Vespa.

Il tema dominante, declinato da Némus con la consueta ironia e il solito scanzonato pastiche sardo-italiano, è l’esistenza testarda di quella micro comunità, propiziata dall’eresia alcolica del titolo, che invece di annebbiare le menti le dilata. Perché, come dice Aedo Pistis, il centenario del paese, i Televresi devono essere proprio come quel vitigno «pittìcus et fortis, arrenegàus ma liberos, sardus sempiri ma cuspettosùsu de tottu su mondu». Piccoli e forti, ribelli ma liberi, sardi sempre ma rispettosi di tutto il mondo.

Questa volta s’ istrangiu arriva a Telévras in un giorno di novembre. È un milanese, Ferruccio Mangiaghezzi (“mangia ramarri”, ma in mezzo secolo di vita ha ingoiato più che altro molti rospi), che, dopo aver scontato vent’anni di carcere, ha in tasca solo l’indirizzo di un ex compagno di cella, Antoni Malugòru. Sputato da un traghetto, Ferruccio approda nella mescita Cannonau&Basta, dove è in corso l’annuale rito blasfemo della stura del Cannonau, e dove si dà appuntamento tutto il paese per organizzare le ricerche di Jasmine.

L’integrazione del Mangiaghezzi nella comunità porta un elemento nuovo nella saga di Telévras. Finora, infatti, l’amore era rimasto in secondo piano. Nell’ “Eresia”, invece, apre e chiude il libro, perché, sulla nave, Ferruccio ha incontrato Marta, di ritorno nell’isola dopo anni di assenza, convinta che «questa terra ti può guarire se davvero la ami». Con l’amore, nel libro soffia una tenerezza strana, il ritmo dei capitoli si fa più lento, riflessivo, si ride forse un po’ di meno rispetto alle storie precedenti di Nèmus, ma i personaggi e le situazioni sono comunque godibili e ben delineati.

Accanto ai soliti Malugòru, Samuele Baccanti, i vari avventori del bar, il prete africano e il brigadiere Ettore Tigàssu, ora promosso maresciallo, c’è anche la cantante cagliaritana Claudia Aru, evocata attraverso la canzone “Ghetta tassa”. I personaggi più riusciti sono il già citato Aedo Pistis, irascibile depositario della memoria storica della comunità, e il cane Bregù, diminutivo di Bregongia, Vergogna, come l’hanno soprannominato in paese, perché assolutamente inabile alla caccia. Bregù è il bracco di Gesuino Némus, non lo scrittore ma il personaggio suo omonimo che compare in tutti i romanzi della saga di Telévras. Qui, l’entrata in scena di Némus è continuamente rimandata; dai discorsi fatti al bar, si sa solo che – più strambo che mai – passa le giornate a leggere “Le lettere dal carcere” di Gramsci a Bregù.

E non è un caso, perché Némus, lo scrittore, da anni sta lavorando a un romanzo sul pensatore di Ghilarza, che dovrebbe uscire nel 2020, o al massimo nel 2021. Per tornare al Némus personaggio, l’enigmatico biglietto trovato sulla sua porta alla fine del libro fa presagire nuovi sviluppi narrativi. Confermati dall’autore. Dal prossimo romanzo, infatti, Gesuino potrebbe abbandonare gli scenari noti di Telévras, per diventare una sorta di chierico vagante lungo le strade della Sardegna. Prima tappa, Pratobello, per vedere cosa resta della rivolta contro le servitù militari del 1969.

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