La Nuova Sardegna

Addio a Lea Vergine, femminista e critica d’arte

Addio a Lea Vergine, femminista e critica d’arte

Positiva al Covid-19 si è spenta a 82 anni il giorno dopo la morte del marito, il designer Enzo Mari

21 ottobre 2020
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ROMA. «Il Coronavirus si è portata via Lea vergine una manciata di ore dopo Enzo Mari, l’amore della vita. Una coppia dell’arte unitissima pur nella sfida e nel conflitto continuo. Si erano conosciuti a Napoli su invito di Carlo Giulio Argan. Lavorarono fianco a fianco per un anno alla creazione di una rivista d'avanguardia, la scintilla scoppiò ad incarico concluso. Un rapporto da amanti – entrambi si erano sposati giovanissimi – che costò loro non poche difficoltà nell'Italia pre divorzio degli anni Sessanta e persino l'arresto per concubinaggio. A Milano, dove si erano spostati a vivere in zona Magenta e dove è nata la figlia Meta, avevano amici d'eccellenza, da Gillo Dorfles a Ettore Sottsass, da Alessandro Mendini a Silvana Ottieri, Fabrizio Dentice, Camilla Cederna. Erano gli anni tumultuosi e complicati della contestazione e del fervore politico e mentre Enzo disegnava gli oggetti «utili» che gli valsero una collezione di compassi d'oro, lei si fece notare per gli studi sulla fisicità e l'azione performativa nell'arte confluiti nel 1974 in un saggio che ha fatto epoca, «Il corpo come linguaggio» (Prearo editore) un testo cult su cui si sono formate generazioni di curatori. E poi con i lavori sulle donne artiste, spesso dimenticate, sommerse, anzi «suicidate» com'ebbe a dire lei intervistata qualche anno fa da Stefania Gaudiosi, impegno confluito in un altro testo notissimo, L'altra metà dell'avanguardia 1910- 1940 (1980 Mazzotta) .

Elegantissima e fascinosa, raccontava con fastidio di aver lottato per una vita, soprattutto nella sua Napoli, contro gli stereotipi sessisti: «Mai che ti riconoscessero quello che tu eri o facevi – diceva – e tutta questa esteriorità è riduttiva, umiliante, offensiva».

Eppure l'autorità, nel mondo dell'arte, non le è mai mancata, i suoi testi da «L'arte in trincea. Lessico delle tendenze artistiche 1960-1990», pubblicato da Skira nel 1996 a «Body art e storie simili» (2000 Skira) a «Ininterrotti transiti» (2001 Rizzoli) fino a «L'arte non è faccenda di persone per bene» (2016 Rizzoli) l'autobiografia in cui racconta la sua vita controcorrente, fatta di incontri straordinari, grandi amori, battaglie e utopie. Tante mostre che ha firmato da curatrice, chiamata anche nel 1990 a fare il commissario della Biennale. «Ma scrivere era quello che mi piaceva di più», raccontava. Per poi aggiungere: «Perché gli artisti sono noiosi, ignoranti, pieni di sé».

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