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Foto sui social e dipinti? Non sono poi così diversi

Foto sui social e dipinti? Non sono poi così diversi

“Figure” di Riccardo Falcinelli, un sorprendente saggio sulla funzione delle immagini e sulle analogie fra codici artistici e mondo di Internet

17 gennaio 2021
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Vi invitiamo a fare una prova. Prendetela, se volete, anche come una piccola sfida da raccogliere: leggete “Figure” di Riccardo Falcinelli (Einaudi, 522 pagine, 24 euro), e una volta chiusa l’ultima pagina uscite per una breve passeggiata, una mezzora sarà sufficiente, in un centro abitato. Dovrete fare attenzione a tutto ciò che rientra nel campo delle immagini: foto o illustrazioni dei cartelloni pubblicitari, segnali stradali, insegne, graffiti, adesivi. Bene. La prova, la sfida, consistono in questo: nel rispondere “sì” alla domanda “Vedo le immagini nello stesso modo in cui le vedevo prima di leggere il libro?”. Ci sarà qualche eccezione, ma siamo certi che per la grande maggioranza di voi la risposta non potrà che essere “no”: tanta e tale è la forza di “Figure”.

Che è un volume così straordinariamente ricco di contenuti quanto è, al medesimo tempo, alla portata di ognuno di noi, anche di chi non abbia nessuna confidenza con la materia. “Confidenza”, qui, è da intendersi come esito di studi più o meno insistiti, come “teoria”: perché la pratica diretta, quella ce l’abbiamo sempre avuta, magari senza che ce ne accorgessimo, e ancor di più ce l’abbiamo da un quarto di secolo a questa parte, cioè da quando ci siamo immersi in maniera ormai irreversibile nel mondo delle immagini.

Sta qui il grande valore di “Figure”: nel farci conoscere meglio la nostra realtà. Ma anche noi stessi, a dire il vero, se facciamo riferimento a una porzione sempre più ingombrante della quotidianità che segna uno scarto decisivo con il passato: quella porzione che, dopo millenni in cui pochi creavano immagini per la fruizione della quasi totalità degli altri, ci sta portando attraverso la rivoluzione tecnologica a essere «tutti, almeno un po’, produttori di figure». Scrive l’autore: «(…) le guide nei musei raccontano aneddoti sul potere dei papi o sulla vita dei pittori, spiegano l’iconografia del cenacolo o le condizioni sociali di un dato momento storico. Tutte cose fondamentali, per carità, però molti discorsi di storia dell’arte finiscono per essere spiegazioni di storia, non di arte. In questo libro proveremo a cambiare paradigma: anziché spiegare cosa “significano” le immagini, ci chiederemo come “funzionano”. Non le tratteremo cioè come simboli da decifrare ma come orologi da smontare, osservando le rotelle che girano e cercando di capirne gli incastri e il relativi rapporti». Il “come” è questione che non si può più eludere. Perché se prima era pertinenza esclusiva di «manuali di composizione, formulari per pittori, prontuari per fotografi o analisi semiotiche», Falcinelli è fermamente «(…) convinto, al contrario, che il funzionamento delle immagini non sia più un argomento “tecnico” - non in questo momento storico -, bensì un problema culturale che coinvolge chiunque guardi una serie tv o scatti una foto da condividere sui social network». Eccoci presi, nel corso della lettura, in un vortice di richiami eccezionalmente disparati: il “trucco” di Falcinelli, funzionale e riuscitissimo, sta nel mettere accanto esempi che possono pescare sia dal dominio dell’arte più sublime che da quello della grafica per videogiochi, originando analogie che sono una scoperta e un divertimento continui, e che ci persuadono che, per taluni aspetti, realizzare un quadro come si faceva nell’Ottocento e una foto destinata a Instagram richiede in fondo identiche strategie.

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