La Nuova Sardegna

IL FUTURO 

Un grande parco comunale per una storia che ora riparte

Un grande parco comunale per una storia che ora riparte

La recente notizia della sentenza della Cassazione che annulla i precedenti lodi arbitrali ha riacceso il lungo dibattito sulle sorti di Tuvixeddu.Sono passati ormai quindici anni da quel vincolo...

28 febbraio 2021
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La recente notizia della sentenza della Cassazione che annulla i precedenti lodi arbitrali ha riacceso il lungo dibattito sulle sorti di Tuvixeddu.

Sono passati ormai quindici anni da quel vincolo paesaggistico che bloccò la costruzione di un nuovo complesso edilizio in centro città e mi ritrovo a interrogarmi su un punto fondamentale: cos’è cambiato in questi quindici anni, come siamo cambiati noi?

Quindici anni fa, almeno per una parte dei cittadini di Cagliari, era considerato accettabile costruire una lottizzazione sulla più grande necropoli punica del Mediterraneo. Quindici anni fa chi combatteva per imporre quel vincolo, chi portava avanti una battaglia di semplice buonsenso, era considerato quasi un visionario. Quindici anni fa Cagliari era come un set cinematografico di Francesco Rosi: il fine ultimo era mettere “le mani sulla città”, pazienza se per farlo si annientava il diritto di tutti di godere di un immenso patrimonio storico, archeologico e paesaggistico. ppure la storia del parco dell’Appia Antica, il parco urbano più grande di Europa, è roba di qualche decennio prima. Nella memoria di chi agiva nel 2006 sarebbe dovuta essere fresca abbastanza da provare imbarazzo nell’immaginarsi Tuvixeddu trasformato in un giardinetto condominiale.

Ma torniamo alla domanda iniziale: come siamo cambiati in questi quindici anni? In meglio, senza alcun dubbio. Oggi nessuno si sognerebbe di pensare che si possa costruire cancellando quel paesaggio e quelle storie, oppure, se lo ritenesse lecito, non avrebbe il coraggio di dirlo ad alta voce. Perché dopotutto c’è una sorta di ovvietà nel bello e prima o poi avvolge chiunque, chi stava da una parte della barricata e chi dall’altra. E alle generazioni future non interesserà nulla dei nostri scontri passati. Loro avranno il parco archeologico cittadino e gli sembrerà ovvio che sia così, che chi è venuto prima di loro abbia deciso di preservare quei luoghi. Non immagineranno un passato in cui la storia, la cultura, la capacità di costruire il futuro sulla base del rispetto, della tutela e della valorizzazione del nostro passato millenario hanno rischiato di essere spazzati via nella convinzione che il diritto del privato avesse più valore del diritto di tutti. Come noi – molti di noi – abbiamo dimenticato Cederna, passeggeranno per la loro Appia Antica senza sapere nulla di chi ha fatto sì che questo potesse accadere.

Oltre dieci anni fa la destra che governava Cagliari bloccò, per miopi contrapposizioni politiche, un investimento pubblico di oltre 200 milioni per Sant’Elia, il Betile, Villanova. La città comprese e pochi anni dopo quella stessa destra venne punita dagli elettori. Ora tutti noi, cittadini e politica, possiamo riscattare anche quell’errore. E con il risarcimento che l’impresa costruttrice dovrà restituire possiamo finalmente mettere fine a questa vicenda che si trascina da troppo tempo.

Io me lo immagino questo parco immenso che da via Is Maglias scivola giù fino a via Sant’Avendrace. Mi immagino di entrare a Villa Laura, prendere un caffè nel giardino, dare un’occhiata al book store del parco e iniziare il mio percorso nella necropoli. Mi immagino le proiezioni continue, negli ex capannoni, che mi permettono di vedere anche i punti più irraggiungibili. Voglio camminare tra le piante rare della valle, attraversare il laboratorio di restauro più importante dell’isola e risalire verso Tuvumannu ascoltando e respirando la storia della civiltà punica in Sardegna. Voglio vedere i vicoli che interrompono la palazzata continua della via Sant’Avendrace finalmente valorizzati e l’ex Cantiere Cocco trasformarsi in una piazza sul parco. Voglio ettari di bellezza nel cuore della mia città, perché il bello – questo manca a molti di capire – è soprattutto ricchezza culturale ma anche economica. Non è la ricchezza del qui e ora fondata sulla distruzione del patrimonio collettivo, del cantiere e del subappalto. È una ricchezza forse più lenta, ma stabile e continua. Fatta di gestione di luoghi, servizi, posti di lavoro sicuri e concreti e di nuovo turismo culturale.

Ora la storia di Tuvixeddu può essere finalmente riscritta e deve diventare una storia bellissima. C’è voluto tempo, ma i visionari avevano ragione.

*Consigliera comunale

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