La Nuova Sardegna

Spirito anarchico e creativo per raccontare i perdenti

di Fabio Canessa
Spirito anarchico e creativo per raccontare i perdenti

Storia dura e intensa su un gruppo di quarantenni piegati dai fallimenti Nessuna donna, ma è proprio l’assenza della figura femminile che è centrale

17 ottobre 2021
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Dopo l’anteprima ad agosto al festival di Locarno, con tanti applausi, e il passaggio al festival Annecy cinéma italien, dove ha vinto il premio per la regia e quello della giuria giovani, “I giganti” di Bonifacio Angius è pronto ad affrontare il viaggio nelle sale. Domani la prima a Sassari con tutto il cast presente, inaugura il percorso più importante del film. Quello tra il pubblico. Nella convinzione che il cinema d’autore, e i lavori di Bonifacio Angius ne hanno tutte le stigmate, può anche essere cinema popolare.

Preselezionato nella lista dei candidati a rappresentare l’Italia agli Oscar, “I giganti” ha di sicuro colpito la critica tanto che il Sindacato nazionale critici cinematografici italiani lo ha designato come film dell’anno con una motivazione che si conclude indicando Angius come «uno dei cineasti maggiormente eccentrici che abbiamo in Italia». Una definizione che inquadra il modo di fare cinema del regista sassarese. Il suo spirito artisticamente anarchico che un progetto come “I giganti” evidenzia ancora di più dei precedenti lavori. Nella libertà creativa di raccontare una storia non convenzionale con al centro personaggi persi-perdenti e nella libertà produttiva che è riuscito a ritagliarsi, reagendo in questo particolare caso anche ai limiti causati dalla pandemia e girandoli a suo favore.

Utilizzando per “I giganti” una troupe leggera e un solo ambiente. Un’impostazione da film da camera dove diventa fondamentale appoggiarsi a un’efficace sceneggiatura, scritta dallo stesso Angius in collaborazione con l’amico Stefano Deffenu. Marchio di fabbrica il modo di parlare dei personaggi, i dialoghi a tratti surreali, con la ripetizione delle battute, che ben conosce chi ha già visto i precedenti e apprezzati lungometraggi “Perfidia” e “Ovunque proteggimi”. Con i quali, soprattutto con il primo, “I giganti” ha in comune il pessimismo di fondo.

Ancora più marcato in questo nuovo lungometraggio in cui si ritrova come fonte di ispirazione primaria “La grande abbuffata” di Marco Ferreri. Anche nel film di Angius al centro della storia c’è un gruppo di uomini che decide di riunirsi in una casa con effetti autodistruttivi. Certo il richiamo sta più che altro nella struttura, al posto del cibo c’è il consumo di droghe di ogni tipo e soprattutto i personaggi sono molto diversi. Quarantenni meschini, fragili, squallidi, piegati dai fallimenti. Quello drammaticamente più forte è interpretato dallo stesso Bonifacio Angius, protagonista insieme a Stefano Deffenu e ai fratelli Michele e Stefano Manca. C’è poi il giovane Riccardo Bombagi, con un ruolo particolare, scoperto da Bonifacio Angius con un corso di cinema.

Niente donne, ma la figura femminile risulta centrale nell’idea del film perché tutto è generato dalla sua mancanza, a parte una scena con due invitate alla festa ma presto mandate via e alcuni flashback riguardanti i personaggi di Angius e Deffenu che pur nella chiara valenza narrativa si potevano forse anche evitare. Il resto, con tutta l’azione sviluppata all’interno del casale in cui si riuniscono, è fatto di dialoghi e monologhi.

Come quello, apparentemente delirante del personaggio di Bombagi, in cui si fa riferimento ai Giganti di Mont’e Prama. Da cui poi il titolo che, ha spiegato il regista sassarese, vuole essere in parte una presa in giro dell’orgoglio sardo. Ad accompagnare la pellicola una significativa musica diegetica (viene mostrato un giradischi), con la colonna sonora di grande livello firmata dal musicista Luigi Frassetto.

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