La Nuova Sardegna

“Mare e Sardegna”: 100 anni dal viaggio di Lawrence

Paolo Curreli
“Mare e Sardegna”: 100 anni dal viaggio di Lawrence

Lo storico e romanziere Luciano Marrocu spiega cosa spinse nell’isola lo scrittore. Racconto dell’itinerario con la moglie, un caposaldo della letteratura on the road

18 ottobre 2021
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Era il 1921, cento anni fa, David Herbert Lawrence e sua moglie Frieda decidono di lasciare la piovosa Sicilia autunnale per intraprendere un viaggio in Sardegna. Sbarcheranno a Cagliari e in nove giorni attraverseranno l’isola in treno da Mandas fino a Terranova (Olbia), passando da Sorgono e Nuoro.

Un tragitto lungo la dorsale dell’isola, scomodo e avventuroso che darà vita a un ritratto del tutto originale della Sardegna e dei sardi. Una testimonianza dal vivo molta diversa dai resoconti geografici dell’800 come quello di La Marmora e Valery.

Nascerà un libro che diverrà un caposaldo della letteratura di viaggio: “Mare e Sardegna”. A cento anni da questo percorso cerchiamo le motivazioni che spinsero due figure, lo scrittore anticonformista Lawrence e sua moglie la baronessa Frieda von Richthofen, ad intraprendere il viaggio nella lontana e semi selvaggia Sardegna. Ne parliamo con Luciano Marrocu, storico di fama, docente universitario, romanziere, grande esperto del mondo e della cultura britannica e autore della corposa introduzione a “Mare e Sardegna” edito dall’Ilisso con una nuova e accurata traduzione di Tiziana Serra.

Professor Marrocu cosa cercavano David e Frieda?
«La risposta è prima di tutto nell’incipit del libro: “Si sente la necessità assoluta di muoversi. E soprattutto di muoversi in una direzione particolare”. Il viaggio era per loro parte integrante della vita, anzi la vita stessa si identifica con il viaggio. Al centro del viaggiare c’è comunque un atto di autoscoperta, un percorso interiore da parte di Lawrence.

Oltre all’anticonformismo della coppia, la relazione scandalosa tra l’allievo e la moglie del professore dell'University College di Nottingham, (Frieda abbandonerà per Herbert il marito e i loro tre figli), i due sperimenteranno l’emarginazione durante la Grande Guerra. La baronessa Von Richtofen era cugina del Barone Rosso, asso dell’aviazione tedesca durante la guerra in corso, il sentimento antitedesco li costrinse a una vita isolata in una piccola località marina al Sud dell’Inghilterra. Anche lì le loro passeggiate sulla spiaggia vengono monitorate dalla popolazione locale che crede che lei mandi segnali ai sottomarini germanici. Oltre alle convinzioni pacifiste di Lawrence anche questo li spinge ai margini della società per bene. Nel 1918 decidono di lasciare l’Inghilterra e viaggiare verso il sud. Sarà un lungo percorso lungo lo stivale che li porterà fino in Sicilia».

Una specie di Gran Tour attardato?
«No, quelli del 700 e 800 erano viaggi di formazione per i giovani aristocratici. Si faceva una full immersion nell’antichità classica, nelle sue bellezze, in un sud immaginifico e sensuale e poi si tornava al Nord. David e Frieda viaggeranno sempre. Sicilia, Messico, Asia, New York, Australia e Nuova Zelanda non torneranno mai in Inghilterra».

La Sardegna?
«È stato un viaggio programmato, diversamente dalle lunghe peregrinazioni della loro vita. Un breve itinerario turistico per poter scrivere un libro. Nell’ipotesi iniziale dovevano essere accompagnati dal pittore Jan Juta, talentuoso decoratore di transatlantici tra l’altro, che doveva documentare il viaggio. Juta aveva altri impegni e tornerà da solo in Sardegna, comunque i suoi lavori illustreranno l’edizione americana di “Mare e Sardegna”, oltre questa contemporanea dell’Ilisso. Ci sono due registri: il primo è una certa immagine della Sardegna, luogo principe dell’alterità mediterranea, dove forze arcaiche resistono al processo di omogenizzazione del primo dopoguerra. La descrizione del color cachi militare della stoffa dei vestiti diffusissimi nell’isola, in contrasto con la gente che indossa ancora gli abiti tradizionali, è un esempio. Il secondo è la sua trasformazione in scrittore di viaggio. Lawrence scrive a botta calda, a memoria qualche settimana dopo il rientro. Ne viene fuori un’immagine alta e più felice del racconto, un’idea della Sardegna ferma e antica prima del Mondo Classico».

Ma anche per l’isola la Grande Guerra rappresentò un cambiamento radicale…
«Infatti Lawrence incontra idee nuove e moderne come nella discussione con i ferrovieri di Mandas che parlano di socialismo, vengono fuori uomini tutt’altro che selvaggi. Trova un’isola divisa, tra la grande città: Cagliari e l’interno. Nella sua volontà di raccontare l’orgia dei paesaggi le pagine più belle, di grande suggestione, sono quelle dedicate al Bastione di Cagliari, nella città e a Nuoro si imbatte anche le maschere di carnevale. Segno che la festa era molto anticipata. Incontra anche gesti e costumi e un tema fondamentale dei suoi scritti: la lotta tra i sessi. L’uomo sardo non è l’italiano della poesia del Trecento, si pone con forza e a sua volta la donna sfugge all’immagine idealizzata e angelica e risponde con la stessa energia. Una sessualità che è contrasto tra due poli, un conflitto che genera scintille».

Quella tra le due guerre è un’epoca fondamentale anche per la letteratura con la conferma dell’opera di Grazia Deledda che la porterà fino al Nobel nel ’27, la convalida anche nel Continente della qualità di un nuovo e moderno movimento delle arti visive sarde…
«Gli anni Venti sono quelli dell’esplosione dell’arte sarda, dalla ritrattistica e dalla documentazione folclorica si passa a un’interpretazione della realtà. Giuseppe Biasi mette a punto, più di tutti gli altri, gli strumenti per trasfigurare l’universo isolano. In questo è il più vicino allo sguardo di Lawrence, un mondo urbano, da cui proviene anche Biasi, che scopre l’arcaico e rielabora la tradizione in modo fiabesco. Non sappiamo se Lawrence si sia imbattuto nei dipinti di Biasi, sappiamo invece che è stato un precoce lettore della Deledda, per altro tradotta in inglese sin dal 1905. Ne scrive nel 1919 a Katherine Mansfield, giudicandola molto interessante, ma già qualche anno prima era con la Serrao e D’Annunzio nella triade degli scrittori italiani di cui consigliava la lettura. Verrà nel 1928 la introduzione alla traduzione inglese di “La madre”, che rimane tra le letture più acute della fisionomia letteraria della scrittrice nuorese, che comunque cita un paio di volte anche in “Mare e Sardegna”».

Cosa resterà in Lawrence di questo viaggio oltre naturalmente “Mare e Sardegna”?
«Fu naturalmente un’esperienza importante per tutt’e due, tanto che David autorizzò anticipazioni a puntate del libro sulle riviste. Il fulcro del viaggio resta comunque quanto il suo universo intellettuale si rapporta con mondi nuovi e lontani. Un viaggio dentro paesaggi interiori in relazione agli stimoli che arrivano da nuovi orizzonti».
 

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