La Nuova Sardegna

1985. Francesco Cossiga, il presidente con “sa leppa”

Alfredo Del Lucchese, 30 giugno 1985
Francesco Cossiga
Francesco Cossiga

In visita alla Nuova dopo l'elezione al primo scrutinio il 24 giugno

28 ottobre 2021
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Alle 17.52 del 24 giugno 1985 Francesco Cossiga viene eletto – al primo scrutinio con 752 voti – presidente della Repubblica, il secondo sassarese dopo Antonio Segni (1962-1964). Nel suo primo messaggio un ricordo della Sardegna, che Cossiga visiterà nei giorni successivi, dal 27 al 29 giugno, tornando anche nella città natale.

«Questa visita vuole essere il mio primo omaggio a tutta la stampa italiana». Sono le una di venerdì notte. Francesco Cossiga, presidente della Repubblica, è a Sassari, nella sede della Nuova Sardegna, per una visita che non è formale, ma solo un incontro tra vecchi amici. Porta con sé le fatiche d’una giornata lunga, ma deliziosa, popolata di ricordi e d’affetti: l’ha trascorsa rivisitando il suo collegio elettorale, riscoprendo i luoghi della sua infanzia. Affaticato, eppure brillante, non si sottrae alle domande dei colleghi (...) Ho saputo di essere il candidato democristiano al Quirinale due giorni prima della seduta congiunta dei parlamentari delle due Camere. Mi ha telefonato De Mita, chiedendomi di incontrarsi. Gli ho detto che sarei andato da lui la mattina successiva alle sette e mezzo. De Mita mi ha risposto: “Per questa volta, data l’occasione eccezionale, va bene, ma non succeda mai più che tu mi dia appuntamento a queste ore”». Come ha saputo che i comunisti avrebbero fatto confluire i loro voti sul suo nome? «Me lo ha fatto sapere Gerardo Chiaromonte, presidente dei senatori comunisti». Ma lei in quelle ore non era in visita in Spagna? «Sì, ci sono stato. Però ero già rientrato da Barcellona, dove ho incontrato Jordi Pujol, presidente della Generalitat di Catalogna. Lo scopo, raggiunto, era quello di organizzare, per il prossimo anno, un convegno di studi iberici in Sardegna. Confesso che, per la prima volta, mi sono reso conto di che cosa è un vero potere. E mi riferisco al governo della Catalogna. Speriamo che il presidente della Regione, Melis, non lo venga a sapere, altrimenti potrebbe montarsi la testa». Quando ha avuto la certezza di essere eletto? «Al momento in cui Nilde Iotti è arrivata a scrutinare la duecentesima scheda» (...) La conversazione si sposta su argomenti più futili, come i telefoni elettronici che sono sulla scrivania del direttore. «Funzionano bene – spiega Cossiga – ma se ci sono nei pressi un radioamatore oppure una stazione radio, finiscono per interferire. Nel mio ufficio privato, a Roma, appena cercavo di telefonare, captavo le trasmissioni della radio vaticana» (...) I ricordi, gli aneddoti toccano la Sardegna. Al mattino, a Bortigali, a Cossiga hanno regalato «sa leppa», il coltello sardo per eccellenza. Sorridendo commenta: «Quando starò qui, potrò portarmela dietro. L’ho detto anche al commissario. Non è un reato. Lo spiega una sentenza della Cassazione: se uno va in giro con pane, formaggio e “sa leppa” non compie un reato perché manca l’antigiuridicità del fatto. Il coltello, serve per affettare il cibo. Ma forse mi converrà avere con me anche la sentenza per evitare contestazioni». Presidente, è vero che il presidente della Regione Melis criticava il suo inglese quando lei parlava con il principe di Galles? «Niente affatto. Melis – aggiunge argutamente – si riferiva al principe... E poi, io e Melis ci vogliamo bene» (...) Quando era presidente del consiglio, ha incontrato in America Jimmy Carter, che le ha rivolto una frase in sardo. Che farà Reagan? Cossiga non si pronuncia. Spiega soltanto: «Era una frase antica, molto bella: l’amico si conosce nel momento del bisogno» (...) La conversazione si è dipanata per più di un’ora. C’è un po’ di stanchezza. Cossiga se ne va. Prende una copia della Nuova e una di Repubblica (si stampa nello stesso stabilimento). Ed esclama: «Se Eugenio Scalfari sapesse che sto leggendo una copia del suo giornale, qui in Sardegna, senza averla comprata... ah vorrei vedere la sua faccia».

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