La Nuova Sardegna

Serena Grandi: «Da Brass a Sorrentino le mie lettere mai inviate»

di Alessandro Pirina
Serena Grandi: «Da Brass a Sorrentino le mie lettere mai inviate»

L’attrice al festival BookIn di Cagliari per presentare la sua biografia epistolare «Tinto mi ha insegnato il cinema. Adoro Avati ma sul set mi ha trattata male»

28 novembre 2021
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Il politicamente corretto non fa parte del suo linguaggio. Serena Grandi non si nasconde dietro parole di circostanza, dice quello che si sente di dire, a costo anche di passare per cattivista. Insomma, il buonismo non è la sua cifra. L’attrice bolognese, icona del cinema italiano degli anni Ottanta, sogno erotico di milioni di italiani, ieri era a Cagliari ospite della rassegna letteraria BookIn. L’occasione era la presentazione del suo ultimo libro, “Serena a tutti i costi. Lettere di una vita mai inviate”, pubblicato da Giraldi Editore, in uscita il 2 dicembre. Una biografia epistolare in cui l’attrice racconta se stessa, i suoi amori, le sue passioni, i suoi incontri. Un vero e proprio viaggio nella sua vita in linea con quella che, in qualche modo, è la filosofia della rassegna cagliaritana diretta da Isa Grassano, ovvero i libri e i viaggi. Rassegna che si conclude oggi con - tra gli ospiti - la scrittrice Gabriella Genisi e la showgirl Lory Del Santo in veste di autrice. «Ma che giornata meravigliosa, quanto sono contenta di essere qui – sono state le prime parole di Serena Grandi appena arrivata al Poetto –. Io sono abituata ai festival di cinema, questo è il mio primo festival letterario. Che emozione».

Serena, cosa l’ha spinta a scrivere queste lettere?

«Eravamo in lockdown e non si poteva parlare in tv. Io avevo voglia di aprirmi, ero un fiume in piena. E così mi sono messa a scrivere delle lettere che non si invieranno mai. Le cose epistolari mi hanno sempre affascinato, io sono un po’ all’antica».

Quali sono i grandi amori della sua vita?

«I miei genitori, mio figlio, i miei cani. E mio marito (Beppe Ercole, ndr), che purtroppo è morto. Di lui ho tanti bei ricordi, anche se non sono fondamentali. Mi basta guardare mio figlio e rivedo lui: sono uguali».

E il cinema?

«Quello è sempre stato il grande progetto della mia vita».

Nel libro racconta di una passione tramandata dai suoi genitori, anche se non erano gente di cinema.

«Quando chiesi a mia madre del perché io avevo questa tendenza a fare cinema, perché sentissi questa voglia di trasferirmi a Roma, lei mi raccontò che lei avrebbe voluto fare l’attrice. E ci andò vicina. Pietro Germi la vide alla stazione di Rimini e la scelse come protagonista di un film, ma i suoi genitori non ne vollero sapere e lei ci rimase molto male. Quel film era “Il ferroviere” e Germi scelse poi Sylva Koscina. L’anno dopo mia madre andò sul set, proprio a Rimini, e rivide Germi. “Non ho fatto il provino perché è nata lei”, gli disse con me neonata in braccio. E lui: “Meglio così”. Ma ha passato a me la grande passione del cinema».

Tinto Brass è stato il suo pigmalione: ha mai pensato cosa sarebbe stata Serena Grandi senza “Miranda”?

«Ai tempi ero già partita, avevo fatto film corali. Ma senza “Miranda”, chissà, magari sarei diventata una scrittrice».

Anche nel libro riconosce l’importanza di Tinto Brass per la sua carriera: lei è una delle poche attrici che non rinnega i film con lui.

«La gente è piena di ingratitudine, non si ricorda che bisogna dire grazie alle persone, se ne frega. Queste signore dovrebbero invece ricordarsi che Tinto ha insegnato loro a fare il cinema. Perché Tinto insegna veramente il cinema. L’ultima volta l’ho chiamato un anno fa e lui: “Serena!”. Mi ha fatto davvero piacere risentirlo».

Nel libro ha parole molto dolci per Pupi Avati, ma si dice anche delusa per come l’ha trattata sul set dell’ultimo film “Lei mi parla ancora”: lo ha sentito dopo la pubblicazione del libro?

«Ma era una cosa che avrei anche potuto dirgli per telefono e invece l’ho scritta. Forse sul set non c’erano le condizioni ideali, il film non era prodotto da Pupi e lui era nervoso, doveva girare di fretta e gli è sfuggita qualche parola di troppo. Ma mi ha trattata malissimo, va detto. È sbagliato essere sempre buonisti. Io avevo deciso che arrivata alla mia età avrei detto quello che mi pare. E così sto facendo».

Paolo Sorrentino le ha regalato l’Oscar: cosa è per lei “La grande bellezza”?

«Sorrentino è un personaggio fantastico ma inamicale, non ti dà confidenza se non prima della firma del contratto. Sul set non capivamo cosa volesse da noi ma eravamo tutti avvinti perché sapevamo che qualcosa di buono sarebbe venuto fuori. E infatti così è stato».

Ha lavorato con molti grandi, da Gigi Magni a Dino Risi, da Ligabue ad Avati, ma ha ancora voglia di fare cinema: quali sono i registi con cui vorrebbe lavorare?

«Ferzan (Ozpetek, ndr) e Muccino, sono gli unici che mi mancano. Spero che si decidano a chiamarmi».

Suo figlio Edoardo è l’uomo della sua vita. Ha raccontato della sua omosessualità al Grande fratello vip: che ne pensa dell’affossamento del ddl Zan?

«Purtroppo siamo ancora dei principianti. Ancora i politici non hanno capito l’importanza di un simile provvedimento. Davvero non capisco».

Lei è una donna che si batte per i diritti, ma due anni fa stava per candidarsi alle regionali con la Lega, che su questi temi è agli antipodi. Come fa a conciliare le due cose?

«Ma, guardi, tutto nasce da un banale incidente. A casa mia a Rimini erano entrati a rubare degli zingari, mi avevano portato via tutto. Allora avevo fatto un post su Instagram e avevo scritto: “Veramente, ci vorrebbe la ruspa”. A quel punto hanno iniziato a chiamarmi, facendomi promesse di ogni genere. Addirittura che sarei potuta essere l’assistente della Borgonzoni a Bologna. Ovviamente io non ci sono cascata. E infatti non mi hanno più chiamata».

Se dovesse inviare una lettera alla Sardegna cosa le scriverebbe?

«La prima volta che sono stata in Sardegna avevo vent’anni e ho continuato a venirci per una vita. I primi anni andavo a Porto Rotondo ospite dello scultore Mario Ceroli, che ha realizzato quella meravigliosa chiesa tutta in legno. Rimanevo per mesi ed ero felice da morire. Poi ho continuato a frequentare la Sardegna anche dopo che è nato mio figlio. Ultimamente avendo il mare davanti a casa ho un po’ diradato le visite nell’isola, ma la mia avvocatessa, Maria De Angelis, è di Nuoro e mi ha detto: quest’anno, Sardegna tutta la vita».

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