La Nuova Sardegna

«We Are Family», i matrimoni gay in dodici storie sarde

di Alessandro Marongiu
Giovanni Folles, autore del libro inchiesta sulle unioni civili in cui sono raccolte dodici storie sarde
Giovanni Folles, autore del libro inchiesta sulle unioni civili in cui sono raccolte dodici storie sarde

Giovanni Follesa racconta in un libro inchiesta la realtà delle unioni civili nell’isola a 5 anni dalla legge Cirinnà

16 gennaio 2022
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Diciamo a mo’ di battuta a Giovanni Follesa che se un difetto lo si vuole trovare al suo “We Are Family. Storie di unioni civili”, pubblicato da Janus Editore (180 pagine, 16 euro), è paradossalmente che il libro c’è, che esiste. Più esattamente: che se ne senta il bisogno, nell’Italia del 2022. Ci risponde che lui per primo, paradosso su paradosso, ha fatto questa identica considerazione mentre lo presentava a Cagliari. Ma poiché le cose stanno come stanno a riguardo delle unioni civili e più in generale dei diritti civili, parlare dei temi di “We Are Family” è qualcosa cui non ci si può né deve sottrarre. Incentrato sulla testimonianza di dodici coppie omosessuali sarde che, dopo l’approvazione della legge Cirinnà, hanno deciso di, appunto, unirsi civilmente, il libro tocca argomenti sensibili: se la legge che porta il nome della senatrice del PD – la quale, qui, firma la prefazione – sia una vittoria o un compromesso che lascia scontenti; la genitorialità; il ruolo della fede e dell’istituzione religiosa. Poiché il libro nasce da una «riflessione sul concetto di famiglie. Famiglie al plurale», partiamo proprio da qui.

Se un tempo con “famiglia” si intendeva un nucleo formato da marito, moglie e figlio o figli, oggi, alla prova dei cambiamenti della società, quel concetto univoco non regge più. Come sarebbe allora più corretto intenderlo, e cosa emerge in merito dai racconti delle dodici coppie sarde?

«I principi sono però rimasti identici. Creare una famiglia significa, ieri come oggi, condividere un percorso di vita in comune con il proprio partner. A prescindere dall’identità di genere. Lo si intuisce bene dalle parole delle coppie che mi hanno aiutato a dar vita a “We are family”. E se dovessi individuare una caratteristica su tutte, non ho dubbi: l’amore. Traspare un fortissimo legame affettivo, motore che anima il quotidiano. Insomma amarsi è la condizione necessaria per far nascere la famiglia. Certo poi arriva il rispetto, la condivisione, talvolta il desiderio di genitorialità. Mi stupisce che ciò stupisca. La vera differenza rispetto al passato per le nuove famiglie è la consapevolezza delle proprie scelte. E non il doversi sposare per convenzione sociale».

Dall’entrata in vigore della Cirinnà al 31 dicembre 2020 le coppie che in Sardegna si sono unite civilmente – questa la dicitura cui costringe attualmente lo Stato italiano – sono state 458. Colpisce un dato, ovvero che quelle formate da uomini sono praticamente il doppio di quelle formate da donne: da cosa può essere dipeso?

« Con una battuta dico sempre: è la prova che gli uomini sono più romantici e sognano il matrimonio. Preferisco il termine matrimonio a unione civile perché come spiega bene nel libro il giurista Antonio Rotelli, fondatore della Rete Lenford, uno dei prossimi obiettivi è il matrimonio egualitario. Le parole sono importanti».

Adriano e Alessandro, coppia sassarese, dicono: «Crediamo nella militanza che si nutre della pratica quotidiana. Siamo consapevoli che esistono tante forme di famiglia e sappiamo che la nostra è una delle tante, inserita in un contesto sociale ampio». Non tutti la pensano così. Lei commenta che altre coppie come loro «frequentano solo l’ambiente omosessuale, senza volersi integrare in altre realtà»: perché?

«È in atto, e per fortuna, una rivoluzione. Il percorso di accettazione e di frequentazione sociale ha bisogno di maturare e muta con il contesto geografico. In questi anni, penso soprattutto alle serie tv, nelle case degli italiani sono entrati nuovi modelli familiari: ricordo “Un medico in famiglia” che nel 2016 al pubblico di Rai1 ha proposto un bacio gay. Tutto aiuta».

Quelli tra fede e omosessualità e tra Chiesa come istituzione e omosessualità sono rapporti estremamente complicati: l’attuale Papa sta facendo fare qualche passo in avanti verso una conciliazione?

«Il rapporto con la fede è percorso intimo. Diverso quando entra in ballo l’istituzione Chiesa. Bergoglio ha affrontato il tema. E questo è un piccolo passo in avanti. Personalmente non mi aspetto molto, come testimonia la presa di posizione sul Ddl Zan. Il Vaticano è conservatore».

La vicenda di Carlo e Pierpaolo, che per diventare genitori tramite la “gestazione per altri” sono dovuti andare negli Stati Uniti«, mostra alcune delle lacune della legislazione italiana. Partendo dallo stralcio dell’adozione del figlio del partner dalla legge Cirinnà per arrivare a quanto successo con il Ddl Zan, si può avere ancora qualche speranza che la politica riprenda in mano certi temi e si adoperi per una vera parità tra tutti i cittadini?

«Più che una speranza dovrebbe essere un dovere. L’Italia è un paese laico, non tutti i parlamentari se lo ricordano. L’ignobile spettacolo di qualche mese fa all’affossamento del Ddl Zan è inqualificabile: grida, risate, applausi, esultazioni e abbracci più consoni a uno stadio che al Senato sono stati di una violenza inaudita. E miserabile. Alcune delle coppie intervistate hanno subito violenze e aggressioni solo perché omosessuali, me lo hanno raccontato con le lacrime agli occhi. Lo Stato che si volta dall’altra parte, e fa finta di non vedere, è pietra di scandalo. È portavoce della discriminazione che dovrebbe combattere. Auspico che in questo scorcio di legislatura il tema ritorni nelle aule parlamentari».

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