La Nuova Sardegna

I gas come arma, dalla Grande guerra al conflitto ucraino

di Eugenia Tognotti
I gas come arma, dalla Grande guerra al conflitto ucraino

Nel 1915 la strage di Ypres: i morti furono 5mila. L’anno dopo il primo utilizzo in Italia lungo l’Isonzo

10 aprile 2022
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Non sono tragicamente visibili e non compaiono in televisione - come le immagini dell’orrore dei corpi straziati dei civili uccisi per strada - le bombe al fosforo che secondo le autorità sarebbero state utilizzate in alcune regioni dell’Ucraina. Tempo che vai, gas di guerra che trovi, a dispetto delle convenzioni internazionali che hanno vietato, di tempo in tempo, l'impiego di ordigni chimici. Eccoci ancora, quindi, Anno Domini 2022, immersi in una guerra che vede alla ribalta, tra gli altri orrori, le invisibili, micidiali armi la cui storia prende il via all’indomani dello scoppio della prima guerra mondiale, il 28 luglio 1914, dopo la dichiarazione di guerra alla Serbia dell’Austria-Ungheria seguita all’assassinio a Sarajevo del principe Francesco Ferdinando. Gli sviluppi della chimica avevano aperto la strada: la “Grande guerra” ha potentemente contribuito a cambiare in profondità il rapporto tra tecnologia e natura, mettendo in campo i gas nervini e più tardi i pesticidi per l’agricoltura dei tempi di pace. Come arma chimica i gas fanno il loro debutto nel 1914 e nel 1915. Entrambi i due attacchi, con sostanze lacrimogene, falliscono però a causa delle sfavorevoli condizioni climatiche. Riesce, invece, a provocare un’ecatombe, il terzo, il 22 aprile 1915, a Ypres, sul fronte occidentale. Impressionante la descrizione dei sopravvissuti: nuvole bianche alte due metri avanzarono come un’onda minacciosa verso le trincee invadendole. Più di 15.000 soldati furono colpiti dai gas. 5.000 le vittime che morirono tra atroci sofferenze, causate dall'emissione nell'aria di cloro.

Sul fronte italiano, la prima volta della “guerra dei gas” è nel giugno del 1916, durante la battaglia del Monte San Michele che domina la bassa valle dell’Isonzo: l'esercito austro-ungarico impiega il cloro-fosgene per annientare le truppe. In un fronte lungo circa 7 chilometri, da Peteano a San Martino del Carso e al Bosco Cappuccio, si contano migliaia di morti. La miscela dei due soffocanti aggressivi ha un tempo di permanenza nell’ambiente molto veloce: permette agli attaccanti di sopraggiungere a sorpresa sugli attaccati e di decimarli. L’ingombrante maschera antigas messa a punto allora era una ben fragile difesa.

Non sono molte le memorie di parte medica sugli effetti del gas constatati al posto di medicazione. Bastano però a dare un’idea dell’impressionante miriade di sintomi dovuti all’avvelenamento da gas: «L’individuo che si trova sotto l’azione dei gas venefici presenta grande agitazione dovuta in gran parte alla difficoltà del respiro, pallore accentuato del volto e delle mucose visibili. In molti casi il colorito è terreo, come quello dei malarici, in altri è cianotico con accentuazione alle labbra e alle orbite ... dalla bocca e dalle nari fuoriescono muco e bava spumosi lievemente colorati in rosso uniforme dal sangue. La respirazione è estremamente difficile». Si tratta solo di alcuni dei segni minuziosamente descritti da un capitano medico, Giuseppe Pisanò, che mette in campo ogni possibile rimedio per alleviare le sofferenze dei “gasati” : cardiotonici, morfina ed atropina, in grado di «calmare lo stimolo stizzoso della tosse, permettendo una migliore ossigenazione del sangue».

Nella corsa a dotarsi di gas, nessun paese belligerante vuole restare indietro, secondo uno schema ben noto. Tutte le nazioni fanno largo uso di sostanze gassose - lacrimogeni, irritanti, vescicanti, asfissianti; cloro, cianuro, fosgene, iprite - per produrre cortine fumogene e foschie; per incendiare, per accecare osservatori nemici, per creare il panico nelle trincee da conquistare. In luoghi come valli, gole montane, caverne, fortini, un bombardamento a gas, poteva avere effetti devastanti. In Italia una Commissione Chimica si insedia già nel luglio del 1915. È composta da insigni luminari ed è incaricata dello studio sia offensivo che difensivo della nuova arma. Se gli Italiani utilizzano un composto a base di acido solforico per creare barriere fumogene, tedeschi ed austriaci usano una miscela a base di anidride solforica. Tre i tipi di gas aggressivi usati, secondo il tipo di attacco: gas volatili (cloro, fosgene, bromo); gas persistenti (iprite, cloruri, bromuri); gas molto persistenti (iprite e prodotti nebbiogeni e fumogeni).

La carneficina provocata dalle armi chimiche durante quella lontana guerra è stato un orrore che non ci ha insegnato nulla, nonostante le convenzioni internazionali sul trattamento dei civili e dei prigionieri di guerra che li vietano. Gas velenosi e altri prodotti chimici tossici sono stati usati decine e decine di volte dalle forze serbe durante il conflitto bosniaco tra il 1992-95 per torturare e uccidere: nessuno finora è stato chiamato a risponderne.

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