La Nuova Sardegna

L'intervista

Varvello: «Gran Bretagna il nuovo che non cambia»

Paolo Curreli
Varvello: «Gran Bretagna il nuovo che non cambia»

Il corrispondente Rai da Londra dopo la morte di Elisabetta: «Sembrava eterna. Con Carlo l’unità del regno è più fragile»

5 MINUTI DI LETTURA





Marco Varvello, giornalista di grande esperienza, dal ’97 è corrispondente da Londra e in seguito responsabile di tutti i servizi giornalistici radiofonici e televisivi dal Regno Unito per la Rai. Da questo osservatorio privilegiato ha raccontato agli italiani i principali eventi del Regno Unito: dalla morte di Lady Diana, alla guerra in Afghanistan e Iraq dopo gli attentati alla metropolitana di Londra del 2005 e il succedersi dei premier a Downing Street.

Dal 2005 ha la doppia cittadinanza, italiana e britannica.

Nel suo romanzo “Londra anni Venti” (Bompiani) lei descrive una nazione che ha scelto la Brexit e vissuto la pandemia in maniera particolare. Com’è cambiata la percezione verso i “continentali”?

«Per gli Inglesi noi continentali siamo quelli che si ritrovano tagliati fuori quando c’è nebbia sulla Manica. Una vecchia battuta che rende ancora il senso isolano della mentalità britannica. Ma come sapete bene anche voi sardi, vivere in un’isola significa anche proiezione verso il mondo. Il mare divide ma da millenni è anche veicolo di spostamenti e comunicazioni. Così è anche per il Regno Unito, un grande Paese globale che ancora vive una dimensione mondiale, eredità dell’Impero e dei legami culturali, economici e politici mantenuti, anche se in forma blanda, nel Commonwealth. Purtroppo con la Brexit, l’uscita dall’Unione europea, il sentimento isolano è tornato ad essere in negativo, isolazionista e nazionalista. Concorrenziale e competitivo con Bruxelles: “da soli facciamo meglio”. Tra Brexit e Covid però non sembra davvero sia cosi».

Elisabetta è stata pioniera della televisione nell’incoronazione e nel far entrare le telecamere nel suo privato (fino al funerale): che rapporto aveva con i media?

«L’appassionato di nuove tecnologie era in realtà il marito Filippo, ma anche lei si fece convincere subito, con l’incoronazione in tv, a dare spazio ai nuovi media. Non confondiamoci però, la Regina è sempre stata riservatissima. Mai una vera intervista, parlava solo con i discorsi ufficiali. Mai una indiscrezione confermata, mai una uscita fuori misura. Il motto della casa reale sotto Elisabetta nei confronti di giornali e tv è sempre stato: “Never complain never explain”. Mai lamentarsi, mai dare spiegazioni. Il gossip dica quel che vuole, la regalità vola alta».

Questo rendere visibile “il corpo del re” ha intaccato l'aura sacrale della monarchia o l’ha resa più popolare?

«Né’ l’una né l’altra. Con la sua ritualità solenne i funerali rafforzano l’immagine di una monarchia che si pone su un livello diverso dai meccanismi delle democrazie. È stato il trionfo di un mondo che sembra arcaico e anacronistico. Ma è ancora vivo e presente nella società britannica, in larga parte tuttora guidata da norme medievali. I nobili contano nel Regno del terzo millennio. Sono proprietari della terra, sia in campagna che in gran parte ancora nei centri città. Il passaggio a re Carlo III, la sua proclamazione formale subito dopo l’annuncio della morte di Elisabetta e la sua prossima incoronazione danno garanzia di continuità ad un Paese che ha visto per 70 anni Elisabetta come punto di riferimento costante».

Come stanno vivendo il lutto i britannici?

«Abbiamo visto tutti le file chilometriche per entrare alla camera ardente di Westminster. Le folle in attesa lungo il percorso delle varie tappe del lunghissimo addio. Non è successo alcun incidente. Nemmeno un gesto di nervosismo o un accenno di caos. Comportamento british esemplare, ordine e rispetto delle regole. Così milioni di persone hanno vissuto 11 giorni del cordoglio e delle commemorazioni. Hanno esorcizzato il senso di vuoto, la mancanza di una persona familiare. Così hanno cominciato ad elaborare il lutto nazionale collettivo, sentito davvero da tutti».

La scomparsa della regina allontanerà le pulsioni indipendentiste scozzesi, gallesi e irlandesi?

«No, anzi rischia di farle esplodere. Finora infatti persino gli indipendentisti scozzesi hanno sempre mostrato grande rispetto per la sovrana. Pur chiedendo ripetutamente referendum per dichiarare la propria indipendenza non hanno mai messo in discussione il monarca come capo dello Stato. Adesso le cose potrebbero cambiare. Carlo re non ha lo stesso carisma, la stessa storia personale alle spalle. Ci sarà meno ritegno a manifestare le tendenze centrifughe non solo in Scozia ma ormai anche nell’Irlanda del Nord, dove è maggioritario il partito repubblicano Sinn Fein, lo stesso che governa a Dublino nella Repubblica d’Irlanda. Un referendum per riunificare l’isola d’Irlanda dopo la Brexit non è più fantapolitica».

La bella sposa, la buona madre, la nonna severa ma giusta può essere sostituita da un nervoso Carlo?

«Il nuovo sovrano ha mostrato volti diversi in questi primi concitati giorni. Ha mantenuto un contegno regale nei discorsi ufficiali, calmo e determinato, all’altezza del ruolo. Poi ha avuto scatti di nervi, anche davanti alle telecamere, che hanno tradito la sua fragilità di fondo. Si vedrà se alla tenera età di quasi 74 anni, una volta raggiunto l’obiettivo agognato da decenni, saprà trovare maggiore solidità interiore, anche con l’aiuto prezioso della consorte».

Come vede la frattura tra i nipoti?

«Irrilevante dal punto di vista istituzionale. Harry è il figlio cadetto e ha scelto di andarsene. Lui e la moglie Meghan possono giusto solo alimentare il gossip dei tanti, troppi Royal watchers nostrani».

Mi pare però che la morte di Elisabetta anche da noi abbia suscitato emozione oltre il solito gossip, anche il desiderio di un amor di patria più sentito, un’identità di cui essere orgogliosi, un simbolo che ci accomuni…

«Occorre interrogarsi sulla grandiosa capacità britannica di creare personalità ed eventi globali, che colpiscono l’immaginario collettivo di tutto il mondo. Era avvenuto così per la morte della principessa Diana e lo stesso è accaduto a maggior ragione per la morte della regina. Elisabetta era una figura che tutti conoscevano, anche in Italia. Che tutti davano per scontata, quasi eterna. Ora non c’è più. Anche se non ha avuto nessun ruolo nelle nostre vite sentiamo comunque un senso di vuoto. È una reazione umanissima. Va aggiunta la bellezza straordinaria di un cerimoniale pomposo e secolare, che ci ha riportato indietro nel tempo. Affascinante ed eseguito in modo impeccabile. Non stupisce dunque che anche in Italia il pubblico abbia seguito ore e ore dei funerali, incantato ed ammirato».



Primo piano
Le indagini

Notte di violenza a Sennori, si aggrava uno dei feriti: in rianimazione ora sono in due

di Gianni Bazzoni
Le nostre iniziative