La Nuova Sardegna

L’intervista

Marina Suma: «Per il cinema rifiutai un posto in Alitalia. Sogno un film con Paolo Sorrentino»

di Alessandro Pirina
Marina Suma: «Per il cinema rifiutai un posto in Alitalia. Sogno un film con Paolo Sorrentino»

L’attrice napoletana star della commedia anni ’80 si racconta: «La recitazione entrò per caso nella mia vita: avevo già finito i corsi per diventare hostess»

11 marzo 2023
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Quel suo sguardo, carico di rimpianto e malinconia, sulle note di “Celeste nostalgia” di Riccardo Cocciante, è entrato a fare parte della storia del cinema. Perché in quel finale di “Sapore di mare” gli italiani riconoscevano, e a quarant’anni di distanza continuano a riconoscere, le loro estati, gli amori stagionali che riaffiorano dal passato, le porte girevoli della vita. Marina Suma, la sua porta girevole, la attraversa nel 1981 a 22 anni, quando riceve la chiamata del cinema. È l’inizio di una carriera di successi, di film campioni di incasso, ma nel saliscendi della vita come ci sono gli alti esistono anche i bassi. E lei, 63 anni ma solo sulla carta d’identità, non esita ad ammettere che a un certo punto il telefono inizia a squillare con meno prepotenza. Ma una combattiva come lei - 16 anni di pugilato - non ha certo intenzione di arrendersi.

Nata a Napoli, per sei mesi vive sull’isola di Salina: Marina di nome e di fatto?

«Essendo napoletana per forza. Il mare mi appartiene».

Come entra il cinema nella sua vita?

«Per caso. Salvatore Piscicelli vide una mia foto in uno studio, volle incontrarmi e riuscì a convincermi a interpretare “Le occasioni di Rosa”. Io ero scettica, il cinema non mi interessava. Studiavo per diventare hostess Alitalia, avevo superato i corsi e quando ero pronta per viaggiare si è presentata questa opportunità. Dovetti fare una scelta».

Primo film e furono subito David di Donatello e Nastro d’argento. Sì sentì arrivata?

«Ma quale arrivata? Non avevo neanche realizzato dove fossi. Ero scossa per essere stata catapultata in questo mondo di cui non sapevo nulla. Era tutto una novità, un’avventura. Fui onorata dei premi, ma non li vissi di certo come un traguardo».

Il successo le aprì le porte della grande commedia. “Sing Sing con Adriano Celentano.

«Fu un’esperienza molto divertente. Adriano è una persona molto carismatica. Ho un bel ricordo di quel film».

“Dio li fa e poi li accoppia” con Johnny Dorelli.

«Un signore nel vero senso della parola. Un compagno di lavoro raffinato, mai fuori luogo».

“Cuori nella tormenta” con Carlo Verdone.

«Sempre carino e ipocondriaco. Metteva in evidenza queste sue debolezze, queste sue paturnie. “Oddio mi gira la testa”».

E poi “Sapore di mare”: avrebbe mai immaginato che quarant’anni dopo sarebbe stato considerato un cult?

«Nessuno lo poteva immaginare. Molti attori neanche lo volevano fare. È stata una scommessa dei Vanzina e l’hanno vinta. Era il classico film spensierato, girato al mare, vacanze attese tutto l’inverno, amori estivi».

E poi c’è quel finale con lei e Jerry Calà...

«Lo sguardo finale tra me e Jerry è quello che racchiude tutto il film. In quello sguardo ci sono tutte le cose non dette, la malinconia, la nostalgia. Per me “Sapore di mare” è la scena finale».

Con Calà avevate tutte le carte per diventare una coppia del grande schermo.

«Ma anche della tv, del teatro. Eravamo molto amati come coppia. Gli avevo anche proposto di fare uno spettacolo a teatro, ma Jerry è fatto così e preferisce suonare, cantare, fare le sue cose».

Ai tempi le star della commedia erano Eleonora Giorgi e Ornella Muti: rivalità tra voi?

«Ma no. La Giorgi l’avrò vista due volte nella mia vita. Con la Muti, invece, ci incontravamo in palestra dove facevamo pugilistica: Francesca (il suo vero nome, ndr) è molto simpatica».

Dalla commedia il ritorno ai film drammatici con Piscicelli e Ferrini. Più difficile un ruolo drammatico o brillante?

«Brillante. Non è facile fare ridere le persone».

A un certo punto si è sentita tradita dal cinema?

«Se devo dire la verità, un po’ sì, anche da alcuni registi con cui avevo lavorato. Più avanti, negli anni Duemila, sono stata io ad allontanarmi. Ma prima non so cosa sia accaduto. Però ho continuato a girare corti e qualche film che non è uscito. Anche quello è penalizzante».

C’è qualche no che le pesa?

«Negli anni Ottanta Francesco Nuti mi propose “Io, Chiara e lo scuro”. Lui non era famosissimo e dissi no, forse mal consigliata dal mio agente. Ma anche io non sono stata intuitiva a capire che quel film andava fatto».

E la televisione?

«Non so perché non riesco a entrare in una fiction. Anzi, forse la motivazione la so... bisogna avere santi in paradiso».

Nel frattempo è diventata creatrice di monili. Come nasce la passione?

«Si è presentata all’improvviso. Sono stata stimolata da alcuni amici che lavoravano la cartapesta. Nel 2004 nasce la prima collezione di Leni, i miei monili che realizzo a mano: colorati, particolari come me, rispecchiano la mia personalità. E mi sono creata un mio pubblico. Ormai sono quasi vent’anni che realizzo i monili a Salina».

Qual è il suo giudizio su questa società in cui l’apparenza conta tantissimo?

«Lo trovo terrificante, non mi piace il mondo che viviamo, è grigio. Sarà che appartengo a un’altra generazione, ma quelle attuali sono tutte prese dalla apparenza estetica. Bisogna fare una grande resistenza per fare in modo che non vengano appiattite le nostre emozioni, il nostro sentire».

Il rapporto con i social?

«Ci sto tutti i giorni per lavoro, ma mi sono stancata. Hanno rovinato parecchio: sono tutti diventati egocentrici».

Il cinema di oggi le piace?

«Lavorano sempre gli stessi. Ci sono attori bravi che si fanno il mazzo per un ruolo, ma in Italia vengono considerate altre cose. Tutto questo mi amareggia».

Un regista a cui direbbe sì a scatola chiusa?

«Paolo Sorrentino».

Cosa c’è nel suo futuro ?

«Ho partecipato a un docufilm di Luigi Libra, “Terra viva”, sulla riscoperta di Napoli e della Campania. Ho fatto un film in Bulgaria. E poi sto girando a Napoli un film indipendente. Non parla di camorra, ma dei bambini che nascono in queste famiglie. “Nati pregiudicati” perché nascono con il pregiudizio. È un messaggio diverso dal solito».

Napoli sta vivendo una nuova primavera. In una intervista alla Nuova Francesco Di Leva ha detto: Napoli è la vera capitale d’Italia.

«Ha ragione. Napoli è una città dalle mille contraddizioni che è ritornata a essere bellissima».
 

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