La Nuova Sardegna

L’intervista

Jerry Calà: «Con i cinepanettoni avrei fatto molti più soldi. Ora amo fare il regista: è la mia libidine»

di Alessandro Pirina
Jerry Calà: «Con i cinepanettoni avrei fatto molti più soldi. Ora amo fare il regista: è la mia libidine»

L’attore si racconta a 40 anni da “Vacanze di Natale”, che torna nelle sale, e in occasione dell’uscita del suo nuovo film

30 dicembre 2023
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Parlare di anni Ottanta senza pensare a Jerry Calà è un’impresa impossibile. E non solo perché ai tempi macinava un film dopo l’altro, e tutti campioni di incasso. Ma perché in quei film gli Ottanta sono più di una data, sono i protagonisti. Pochi altri sono riusciti a fotografare quel decennio esagerato e narciso come ci è riuscito lui, da “Vado a vivere da solo” a “Yuppies”. E soprattutto “Vacanze di Natale”, il film cult firmato Vanzina, che, a 40 anni dall’uscita nei cinema, oggi - anche se solo per una giornata - tornerà nelle sale in versione restaurata.

Calà, che effetto le fa che “Vacanze di Natale” torni in sala?

«È una cosa fantastica. Mai avrei pensato che 40 anni dopo questo film sarebbe stato così festeggiato, rivalutato, osannato. A Cortina ci siamo ritrovati con Enrico Vanzina e Aurelio De Laurentiis. È stata una bellissima festa in cui mi sono anche esibito ricordando la colonna sonora del film, che ha contribuito tantissimo al successo».

Come si spiega il successo di questo film?

«È dovuto in massima parte al fatto che arrivavamo dagli anni Settanta, che erano stati un po’ cupi e un po’ difficili da raccontare in commedia. I Vanzina ebbero la grande intuizione di ritornare a fare la commedia sull’attuale. Scrissero un film di satira abbastanza feroce sulla società di allora che vista in vacanza mostra il fianco a un sacco di difetti, di tic, di situazioni».

Come era il clima sul set con Christian De Sica, Claudio Amendola, Stefania Sandrelli e Karina Huff?

«Eravamo molto affiatati, e questo è un altro motivo del successo. Ci divertivamo sul set e fuori. Eravamo fuori stagione e avevamo Cortina tutta a nostra disposizione».

Il personaggio di Billo non l’ha mai lasciata, nell’immaginario collettivo e non solo.

«Billo è rimasto un po’ dentro di me. L’ho ritirato fuori quando ho iniziato a fare gli spettacoli live nei teatri, nelle piazze, nei locali. Billo e “Maracaibo” sono parte della mia vita».

“Vacanze di Natale” fu il primo cinepanettone?

«No, non lo è. Questo appellativo è nato dopo quando c’è stata una serialità di film di Natale prodotti da De Laurentiis. “Vacanze di Natale” è come “Sapore di mare”: due film che hanno riportato in alto la commedia leggera italiana».

In quegli anni macinava un successo dopo l’altro. Come visse quella enorme popolarità?

«È stato senz’altro un bel periodo, ma senza mai perdere la testa. La mia generazione di attori veniva da una lunga gavetta. E dunque quando arrivavi al successo eri in parte preparato e te lo gestivi bene. Oggi il successo è più veloce, un tempo bisognava guadagnarselo. Però durava tanto. E infatti dopo 50 anni io sono ancora qua».

Lei arrivava dalla tv, dal successo con i Gatti di Vicolo Miracoli che mollò per il cinema. Chi fu il più restio a fare pace con lei?

«Umberto Smaila, perché era quello con cui avevo più affinità, eravamo i più legati. Ma poi la nostra unione si è ripristinata e Umberto ha scritto decine di colonne sonore dei miei film».

Lei è uno dei simboli degli anni Ottanta. Come definirebbe quel decennio?

«È stato un periodo stupendo. Ho avuto la fortuna di fare film che sono restati e ancora oggi i ragazzi apprezzano. È stato un decennio fruttuoso, divertente. C’era nell’aria - come diceva la canzone di Marcella Bella - una voglia di leggerezza dopo la pesantezza degli anni di piombo».

Con Ezio Greggio, Christian De Sica e Massimo Boldi è stato uno degli Yuppies. Chi sono gli yuppies di oggi?

«Non so se ci sono. Sicuramente gli yuppies erano degli arrivisti, avevano voglia di mostrarsi, ma anche voglia di lavorare. Oggi invece c’è voglia di soldi facili e successo istantaneo».

Professione vacanze, anche quella è una serie cult. Ha mai pensato a un sequel?

«Quella cosa mi è rimasta un po’ qua. Non ho mai capito perché non ci fu un seguito. Una volta chiesi a un dirigente e mi disse: “quando va in onda ha sempre ascolti alti, va bene così”. Oggi se ne sarebbero fatte dieci stagioni, ai tempi non c’era il concetto della serialità».

Il cinepanettone è andato avanti per anni. Perché lei non ha più fatto parte di quei cast?

«Non raggiunsi un accordo con De Laurentiis e feci una diversa con un altro produttore. Della mia carriera è l’unica cosa di cui mi sono pentito, soprattutto economicamente. Con i cinepanettoni avrei fatto molti più soldi. Ma credo molto nelle sliding doors. È vero che sono sceso da quel carro, ma ho avuto la fortuna di sperimentare, di fare film con Marco Ferreri, di andare al festival di Berlino. La mia vita mi ha regalato grandi soddisfazioni, a 72 anni è appena uscito un mio nuovo film».

Nella seconda fase della sua carriera è diventato anche regista dei suoi film.

«Non mi piace fare il regista di me stesso, mi piace proprio fare il regista. Io ho fatto sempre film corali, dove come attore sono impegnato in parte. Non sono diventato regista per favorire me stesso come attore, ma per il gusto di confezionare un film, dargli una mia impronta. È quella la mia libidine».

L’ultimo è su varie piattaforme: Chi ha rapito Jerry Calà?

«È una commedia con cui sono voluto ritornare alla leggerezza degli anni ’80 e ’90. È ambientato a Napoli, dove non avevo mai girato, con un cast di attori napoletani, da Sergio Assisi a Nando Paone, da Maurizio Casagrande a Barbara Foria, che sono una banda di disperati che pensano che rapendo Jerry Calà i suoi amici tireranno fuori i soldi. Ma non sarà così. È un film giocato molto sulla autoironia».

Quasi vent’anni fa portò al cinema la “Vita Smeralda”.

«È un film che non fu capito molto dalla critica. Era una fotografia delle vacanze secondo me molto precisa che molti hanno scambiato per una mia partecipazione a quel mondo. In realtà era una critica feroce. E sei mesi dopo è scoppiata Vallettopoli».

Da habitué oggi come le sembra la vita smeralda?

«Forse oggi ci sono meno vipponi e più gente che viene perché ama la costa, il mare, la bellezza di questo lembo di terra».

Dove attenderà il 2024?

«Da quando ho iniziato a suonare nei complessini negli anni Settanta ho sempre lavorato a Capodanno. Neanche quest’anno mancherò e sarò in un altro mio must, la Capannina di Forte dei Marmi».

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