La Nuova Sardegna

L’intervista

Red Ronnie: «Presi casa nell’isola senza esserci mai stato. Sanremo e i talent uccidono la musica»

di Alessandro Pirina
Red Ronnie: «Presi casa nell’isola senza esserci mai stato. Sanremo e i talent uccidono la musica»

L’inventore del mitico Roxy Bar e la Sardegna. «L’ho girata tutta con Maria Carta, ore di reportage che vorrei trasformare in film». «Il Psi mi candidò ma poi fui boicottato. Ho fatto esordire Bersani, Elisa e Skin. Non mi interessa il festival: preferirei uno show per ragazzi»

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Capelli rossi, occhiali scuri, look rockettaro. Quando appariva lui in tv la musica si prendeva la scena. Ed è tuttora così, anche se oggi Red Ronnie anziché la tv utilizza altri canali, il web, i social, ma quella passione continua a essere il comune denominatore della sua esistenza. Tale e quale a cinquant’anni fa quando l’inventore del Roxy Bar iniziava a muovere i primi passi nelle radio bolognesi.

Quando scocca la scintilla?
«Io ero affascinato dai dischi e ho iniziato a comprarli. Così mi sono appassionato al rock: eravamo alla fine degli anni ’60, ero ragazzino e si faceva la migliore musica mai esistita. Vivevo in solitudine in campagna, avevo un impianto potente, i miei amici lo sentivano dal paese e correvano a casa mia. Parlavamo di musica, c’era sempre la diatriba tra Elvis e Jimi Hendrix...».

L’esordio a Radio Bologna.
«Un giorno ero al bar e un mio amico mi disse: c’è la possibilità di fare una radio, hanno liberato le frequenze. Quella è stata la prima. Poi c’è quella che fondai con Bonvi, Lucio Dalla e Francesco Guccini che non è mai partita. Fu quando fui costretto a cambiare nome perché mi cercavano per arrestarmi...».

Il motivo?
«Dalla casa di Bonvi avevo raccontato alla radio gli scontri a Bologna tra studenti e polizia. Giorni dopo mi chiama Bonvi: “c’è un problema, guarda che il magistrato sta cercando questo Gabriele, devi cambiare nome”. Gabriele ero io e da quel momento sono diventato Red Ronnie».

Perché Red Ronnie?
«Red perché sono rosso e Ronnie perché Ronnie Peterson era il mio idolo. Bonvi disse: “fa schifo, ma un nome vale l’altro”».

Come arriva a Italia 1?
«Lavoravo in banca e Bibi Ballandi era innamorato di me artisticamente. Facevo la radio e un programma in una tv locale. Un giorno mi disse di seguirlo e mi portò a Rimini, alle Terme della Galvanina che aveva preso per 5 anni. “Qui hanno fallito tutti, anche Casadei: devi inventarti un’idea per un locale che potrebbe diventare anche uno show di Italia 1”. Decisi di riportare un po’ di allegria dopo i bui anni ’70, ricreando l’atmosfera dei ’60 e mi inventai Bandiera gialla».

Be bop a lula: decine di incontri con le star della musica. Quelli che porta nel cuore?
«Ho incontrato tutti, ero sempre in aereo. Ho intervistato due volte Paul McCartney, quattro David Bowie. E poi Mick Jagger, Cliff Richards, Yoko Ono, Frank Zappa. Era l’epoca dei Duran Duran versus Vasco, che era geloso del mio rapporto con loro. Ancora me lo rinfaccia».

Il successo è enorme e Bettino Craxi la candiderà con il Psi.
«Venne il Pds a offrirmi la candidatura, ma mi fece un discorso che non mi piacque. Si sparse la voce e mi contattò anche Formigoni per la Dc. Il discorso più intelligente me lo fece Enrico Boselli, Psi, allora presidente dell’Emilia-Romagna: puoi entrare in Parlamento e occuparti dei giovani. Mi candidai come indipendente, ma feci paura e venni boicottato dal mio stesso partito, che mi fece annullare tutti i voti presi come Red Ronnie. Neanche il mio voto fu considerato valido. Dopo le elezioni mi chiama Ugo Intini: devi fare ricorso, abbiamo bisogno di te. Ovviamente li ho mandati a quel paese».

Con il Roxy Bar su Videomusic vinse il primo Telegatto extra Rai-Mediaset.
«Fu un fenomeno, andava in onda contro gli show del sabato su un’emittente che non aveva neanche il 50 per cento di copertura. Dopo un anno mi chiama il direttore di Rai 1: vuole il Roxy Bar. Ma io dico no, perché loro non volevano il Roxy Bar, volevano Gianni Morandi, Francesco De Gregori che venivano da me gratis, mai avrebbero ospitato i giovani artisti».

Nei suoi show ha visto passare tanti artisti alle prime armi: su chi ha creduto da subito?
«Una enormità. Il primo fu Samuele Bersani: fu Lucio Dalla a chiedermi di ospitarlo. E poi Elisa, Subsonica, Negrita, Timoria, Negramaro. O Skin. Mi chiamò il suo discografico: solo tu puoi ospitare una nera, pelata, lesbica che fa del punk. Oggi dico Ilaria Argiolas e Roberta Giallo».

Quando entra la Sardegna nella sua vita?
«Mi chiama Rosanna Mani, vice direttrice di Tv Sorrisi e canzoni: ho comprato un appartamento a Capo Coda Cavallo, ce n’è un altro a fianco, è un affare. Mi fa vedere la foto e vado a stipulare l’atto d’acquisto per una casa in Sardegna senza essere mai stato in Sardegna. E lì inizio ad amare fortemente la vostra isola, anche grazie ad Andrea Parodi».

Che le presentò Maria Carta.
«Nel 1993 con Maria feci un reportage in giro per tutta l’isola che sto cercando di proporre ma nessuno mi considera. Ci credevano la Film commission, lo stesso Solinas a cui l’ho presentato un anno fa, ma non se ne è fatto niente. Ore e ore della più importante artista della Sardegna, da Santu Antine a Monte San Giovanni a Orgosolo, da Santa Cristina a Saccargia».

La casa di Capo Coda Cavallo era meta di molti ospiti.
«Bobby Solo che cantava con Andrea Parodi, J-Ax che festeggiò il compleanno. E poi Vandelli, Morandi, Iva Zanicchi».

Della nuova generazione di artisti chi la colpisce?
«Solo i cantautori. Quelli sulla cresta dell’onda non fanno musica. Mica a Enzo Gragnaniello chiedo cosa pensa di Geolier».

Capitolo Sanremo: cosa le è piaciuto e cosa no?
«Sanremo è ritenuto un trionfo, ma insieme ai talent ha contribuito a uccidere la musica. È uno show tv, ma tra show e programma di musica c’è una grande differenza. L’ultimo rimasto è il mio Roxy Bar che faccio ogni mercoledì su tutti i miei social».

Se la chiamassero per il dopo Amadeus?
«Farei lo stesso discorso che feci 30 anni fa al direttore di Rai 1: se vuoi fare alti numeri, devi fare uno show, ma nello show la musica ha la minima importanza. Di Sanremo cosa ricordiamo? Il bacio di Fedez, la performance di Morgan con Bugo. Non le canzoni. Quest’anno mi è piaciuta Annalisa, ma la sua non è musica. Anche artisti validi come la Amoroso restano ingabbiati in questo cliché. I cantautori arrivano ultimi: Negramaro, Renga, Nek. E ai primi posti i fenomeni usciti dai talent».

Dunque, niente Sanremo.
«Più che il festival preferirei un programma per i ragazzi fatto da uno che ragazzo non lo è più. A me non interessa la prima serata né i grandi numeri. Io sono felice quando aiuto i giovani artisti a esprimersi».

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