La Nuova Sardegna

La memoria

Un docufilm sulla “storia dimenticata” di Guido Segre

di Simonetta Selloni

	La locandina del docufilm su Segre
La locandina del docufilm su Segre

L’opera prima di Filippo Petrucci sul capitano di industria che ideò Carbonia, ebreo e amico di Mussolini, oscurato dalle leggi razziali

04 novembre 2024
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Carbonia Le strutture da archeologia industriale di Carbonia, l’ultima delle città di fondazione volute da Mussolini, e quel che resta della grande miniera di Serbariu; la sua “gemella” Arsia, al tempo della costruzione nell’ Istria (oggi in Croazia). E poi, il colpo d’occhio su Trieste. Sono le immagini che aprono i 54 minuti del docu-film “Guido Segre, una storia dimenticata” opera prima di Filippo Petrucci, cagliaritano, giornalista e storico, ricercatore per lo United States Holocaust Memorial Museum. Tre città quindi, unite da un comune denominatore, Guido Segre.

Chi era costui? La risposta dovrebbe trovarsi in tutti i libri di storia, perché Segre fu un capitano d’industria ante litteram, un banchiere, un imprenditore illuminato con molteplici interessi nell’Italia unita della prima metà del ’900. L’ascendenza ebraica non gli impedì di aderire al fascismo e di essere uno degli uomini più vicini a Mussolini. Eppure fu condannato a una damnatio memoriae con la promulgazione, nel 1938, delle leggi razziali. Di Segre si è perso ogni riferimento: misconosciuto a Carbonia, eppure la città, nata ufficialmente il 18 dicembre 1938 e tenuta a battesimo dal Duce in persona, ebbe origine da una precisa volontà di Segre così come Arsia, che ne ha ugualmente cancellato le tracce. Un oblio che si estende anche a Trieste, se si eccettua un ritratto custodito nella Camera di commercio di cui fu presidente. Per il resto, il silenzio. Il docu-film (sceneggiato dallo stesso Petrucci e da Stefano Cau, prodotto dall’Associazione Affrica e dalla Ginko Film, con il contributo della Fondazione di Sardegna) è intanto il racconto della parabola di un uomo protagonista del suo tempo la cui storia, dal palcoscenico nazionale, si intreccia con quella industriale del Sulcis. Non un’agiografia, ma lo spaccato di un’epoca che vide brillare la stella di Segre. Salvo essere poi, appunto, messo da parte, schiacciato dalle circostanze storiche alle quali cercò inutilmente di opporsi. «Finchè era amico di Mussolini veniva chiamato ogni due minuti, poi, da un minuto all’altro...» racconta la figlia Etta Carignani Melzi.

Guido Segre nasce a Torino, e dopo aver combattuto come volontario nella Prima guerra mondiale approda a Trieste. Ne intuisce le potenzialità e inizia a fondare un vero impero economico. Ebreo, è un fascista convinto: le sue capacità lo portano a diventare un alto dirigente della Fiat, è componente dei consigli di amministrazione di grandi società. Acquisisce aziende industriali, ha interessi nel campo navale. Quando l’Italia, all’indomani dell’Etiopia, viene sanzionata da 52 Stati, Mussolini avverte la necessità del paese di rendersi autosufficiente sul piano delle materie prime. A partire dal carbone, da estrarre nel Sulcis e nell’Istria. È Segre l’uomo che seguirà questo processo: nel 1935 diventa il presidente dell’Azienda Carboni italiani, e organizza la realizzazione di due nuove città, Arsia e Carbonia, centro industriale al servizio della miniera di Serbariu. E per farlo, coinvolge l’architetto Gustavo Pulitzer Finali, lui sì, ricordato. «Io non avevo mai sentito parlare di Segre», dice Natasha Pulitzer, la figlia dell’architetto: ne scopre l’esistenza soltanto leggendo i diari del padre. Attraverso le testimonianze del docu-film, il filo della Storia si dipana.

E si capisce come il suo svolgersi presenti il conto, anche a Segre: che pure nel 1930 ha sposato una donna austriaca cattolica, Gabriella Metz, fa battezzare i suoi figli e egli stesso si battezza, fa cambiare il nome della moglie da Metz in Melzi e dispone che i figli portino il suo cognome. Ma la follia delle leggi razziali lo investe in pieno: è ebreo e la questione della razza è per il Duce la più cogente. Inutilmente Segre lo cerca, senza riuscire più a trovarlo. Finisce dalle stelle alla polvere. Peggio: il suo passaggio a Carbonia, Arsia, Trieste, svanisce nel nulla. Tranne che per il suo ritratto, alla Camera di commercio triestina. E quando Carbonia sarà inaugurata, del capitano d’industria, del banchiere, del brillante imprenditore non si sentirà nemmeno l’eco. Morirà, Segre, a Roma, nell’aprile 1945, senza mai essere tornato a Trieste.

Il lavoro di Petrucci è costruito attraverso le testimonianze che si muovono sulla trama delle straordinarie immagini storiche fornite dall’Istituto Luce, dalla Cineteca del Friuli, dalla famiglia Melzi-Segre, dall’archivio ebraico Terracini di Torino, e dal catalogo fotografico “Carbonia in chiaroscuro. Memorie quotidiane” edizioni Envisual. Si alternano a quelle girate sui luoghi che recano i segni della sua opera. Il docu-film sarà presentato domani, a Carbonia, alla Fabbrica del cinema, alle 18, alla presenza del regista.

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