La Nuova Sardegna

L’intervista

Simone Cristicchi: «Un po’ santo un po’ folle, vi presento il mio Francesco»

di Alessandro Pirina
Simone Cristicchi: «Un po’ santo un po’ folle, vi presento il mio Francesco»

Il cantautore nell’isola con il musical sul frate di Assisi

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Francesco tra follia e santità. Simone Cristicchi porta in scena il santo di Assisi con uno spettacolo che mette insieme parole e musica, domande e riflessioni. “Franciscus - il folle che parlava agli uccelli”, diretto e interpretato dal cantautore romano che lo ha anche scritto insieme a Simona Orlando, arriva in Sardegna per un tour che toccherà Cagliari, dall’11 al 15 dicembre al Teatro Massimo, e Sassari, dove il 16 al Verdi aprirà la stagione di prosa e danza targata Cedac.

Cristicchi, perché ha voluto dedicare questo spettacolo a Francesco?

«Questo spettacolo nasce dal mio interesse per il mondo della spiritualità e della filosofia, nonché per alcune frequentazioni in seguito a un avvicinamento al mondo dei monasteri,a esperienze nel silenzio con le suore di clausura. La figura di Francesco è stato il leit motiv che si muoveva nell’ombra, l’amico silenzioso, invisibile che mi guidava. Fino a quando non ho deciso di affrontarlo. Non ero mai andato in profondità di fronte a un oceano di spunti di riflessione, di false informazioni su di lui. Tanto che ho scelto quel sottotitolo sarcastico: il folle che parlava agli uccelli».

Teatro, concerto, musical: come definiamo Franciscus?

«Io lo definisco un musical con un solo attore in scena. È un musical a due facce. C’è un lato più divertente e uno più riflessivo. In scena ci sono due personaggi: Cencio, un suo contemporaneo raccoglitore di stracci che vive sparlando e criticandolo, e Simone nel mondo di oggi, ovvero io che faccio le mie riflessione e racconto la storia di Francesco. C’è ovviamente molta musica. Ho scelto strumenti etnici e ci sono canzoni inedite mie e di Amara, scritte appositamente per questo musical. Anche la scenografia è molto importante: riproduce una città fatta di iuta e legno di recupero. È stato un bel lavoro di squadra».

Cosa rappresenta per lei Francesco?

«È un compagno di avventura. Non lo definirei un maestro, a lui non sarebbe piaciuto per l’umiltà che lo contraddistingueva. Era più pazzo che santo. Era più folle e visionario che normale. Ma anche il suo integralismo mi dà fastidio. Lo amo e lo odio. Lo amo perché è di tutti, appartiene a tutti ma non è per tutti. Nella Regola non bollata ci sono cose molto severe. Lo odio perché sono un po’ invidioso, non riesco ad avere la sua fede incrollabile. Lui si è completamente affidato, viveva con i suoi seguaci: questo affidarsi comporta anche una certa dose di coraggio».

In cosa consiste l’attualità di Francesco?

«Oggi la povertà non è la miseria, ma togliere il superfluo, tutto ciò che ci appesantisce, riuscire a camminare liberi, leggeri. Nello spettacolo sono voluto partire dalla attualità, ho voluto cercare quelle tematiche che potessero parlarci ancora oggi. Lo chiamano il poverello di Assisi, ma in realtà era un finissimo intellettuale, un grande conoscitore dell’animo umano. Ha moltissimo ancora da dirci anche in relazione al rapporto tra l’uomo e la natura».

Non crede che tanti, troppi si riempiano la bocca di Francesco ma sono anni luce lontani dal suo messaggio?

«Nel mondo della Chiesa ci sono varie correnti. La regola francescana è surreale anche nel mondo di oggi. La cosa che hanno fatto i francescani in questi otto secoli è custodire lo spirito. Poi ci si deve adeguare ai tempi. La Chiesa è sempre stata camaleontica. Ha cercato di adeguarsi, ma ha tante anime. A me piace quel cristianesimo che torna alla sua essenza e sono andato a cercarlo nei monasteri, nei conventi».

Le piace Papa Francesco?

«Mi piace molto e lo trovo in questo momento una figura di riferimento per persone che vorrebbero un mondo in pace. Già al suo esordio si poteva notare questo spirito nuovo, questa aria nuova. Ho avuto l’onore di incontrarlo più volte, ho anche ricevuto una lettera di ringraziamento. Sono stato ospite a un incontro del Papa con gli artisti. Sono stato invitato a scrivere commenti al Vangelo sull’Osservatore romano, pur essendo non così allineato. Non sono un cattolico praticante, sono un uomo di ricerca. Questa apertura è stata bellissima».

Sono passati 17 anni dalla vittoria a Sanremo. La rivedremo prima o poi all’Ariston?

«Un giorno o l’altro sì. Mi piacerebbe rifare questa esperienza che ho già fatto cinque volte. Per me che amo la comunicazione, la creatività e lanciare messaggi quel palco lì è un’onda per mandare un’emozione. Non ne esiste nessun altro».
 

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