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Fedez si racconta nel suo nuovo libro: l’adolescenza terribile, l’amicizia con Ghali, il mondo “patetico” della ex Ferragni


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Fedez  (Fotogramma/ipa)

Il rapper si apre ai lettori nel volume “L’acqua è più profonda di come sembra da sopra»

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Il rapper milanese Federico Lucia, in arte Fedez, pubblica oggi per Mondadori la sua terza opera letteraria, intitolata "L’acqua è più profonda di come sembra da sopra”. In queste pagine si apre a lettori e lettrici con un racconto potenzialmente “sotto la superficie”: non solo glorie e successi, ma fragilità, cadute, risalite.

Della sua adolescenza scrive. «È stata terribile. Ho frequentato le peggiori compagnie di Milano. Che erano anche le più belle, per altri versi. Ho collezionato esperienze, ho fatto conoscenze che mi hanno portato dove sono ora. Ma erano ambienti pericolosi. Se oggi sapessi che mio figlio esce e va a fare quello che facevo io, sarei molto preoccupato per la sua incolumità. I miei mi lasciavano libero e non si rendevano effettivamente conto di cosa facessi: avevano una visione parziale, non sapevano che frequentavo dei giri importanti, un ambiente non molto sano. Microcriminalità, spaccio, e non solo. Anche se poi è vero che, se nasci in un contesto di quel tipo, devi farci i conti. Credo sia inevitabile». 

Del rapporto con Ghali sottolinea la grande amicizia. «Ghali, devo dire grande amico, non si risparmiava mai se qualcuno mi insultava. Alla prima parola storta si lanciava e si andava a picchiare. E aveva questo strano superpotere: sanguinare dal naso anche al tocco più leggero».

Una parte del libro è ovviamente dedicata al rapporto con la ex moglie Chiara Ferragni. «Le nostre differenze emergevano come iceberg pronte a far affondare la nave. Faccio un esempio: durante il matrimonio ho subito, per osmosi, le frequentazioni di mia moglie. Avevo accettato passivamente di stare a quel tipo di pensiero lì, di accettare l’architetto superfancy di Milano, quello della moda iperinserito e un’altra serie di figure insopportabili. Una confezione bellissima. Ma dentro, per me, puzzavano tutti. Preferisco frequentare uno che vedi subito quanto fa schifo, piuttosto che un pacchetto stupendo di cui però a poco a poco ti accorgi che puzza di marcio. Meglio chi si presenta per quello che è, piuttosto che per quello che dovrebbe essere. L’azienda di mia moglie io la vedevo come il Rotary Club, e di conseguenza trattavo tutti come tratto gli snob. Ovvero peggio di come loro trattano gli altri». E ancora: «Trovavo tante cose patetiche. Oggi, se mi invitano a una cena parlo con la gente: sono una persona più o meno normale. All’epoca stavo tutto il tempo a fissare il cellulare. Non li guardavo nemmeno in faccia». 

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