La Nuova Sardegna

Alghero

Quando la città somigliava a Las Vegas

Quando la città somigliava a Las Vegas

Negli anni Ottanta le notti algheresi erano il punto di riferimento di tutta l’isola. Poi è iniziato il declino

19 agosto 2014
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ALGHERO. C’era un tempo in cui la Riviera del Corallo era non soltanto la “Porta d’oro del turismo sardo”, ma anche il punto di riferimento isolano per gli amanti della musica dance. Con discoteche che d’estate restavano aperte sino a notte fonda tutti i giorni della settimana e migliaia di giovani che si muovevano con ogni mezzo da Sassari e persino da Cagliari per riempire le piste da ballo di luoghi storici come Il Mampea, Il Ruscello o il Tris blù. Per non parlare dei turisti stranieri, che trovavano ad Alghero una situazione ideale: sole e spiagge meravigliose di giorno e - per chi voleva prolungare la festa - locali a gogò sempre pieni zeppi. Situazioni che sembrano ormai definitivamente svanite, considerato che almeno per quanto riguarda la movida Alghero si è fatta soffiare il primato non solo dal capoluogo regionale, ma soprattutto da San Teodoro, il piccolo centro sulla costa nord-orientale. «L’epoca d’oro delle discoteche algheresi si può concentrare tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta», racconta Zeno Pisu, il decano dei deejay sassaresi, ancora titolare della consolle dell’Embarcadero, a Maristella. «Mi ricordo - dice - che le discoteche aprivano i battenti a giugno e si lavorava bene ogni notte, non solo nel fine settimana. Un anno, mi pare nell’85, arrivai a contare centodieci serate di fila, un numero che adesso è assolutamente impensabile».

Ma a che cosa è dovuto il declino dei locali da ballo? A un format ormai obsoleto oppure al fatto che, come spesso accade nel campo del turismo e dell’intrattenimento, ci si adagia un po’ troppo sui successi ottenuti? «Sinceramente - prosegue Zeno Pisu -, credo che nel caso di Alghero siano vere entrambe le considerazioni: da una parte, la discoteca tradizionale, per intenderci quella stile saturday night fever, è stata superata da situazioni più fresche e meno legate agli anni Ottanta; dall’altra è innegabile che molti imprenditori del settore si siano illusi che per poter riempire i loro locali bastasse aprire i cancelli. Ma non è così: il caso di San Teodoro - conclude - dimostra che conciene investire sulla musica, su deejay di richiamo mondiale come Sven Vath, ma soprattutto su direttori artistici di grande esperienza, in grado di programmare la stagione su un target preciso già a partire da gennaio». (a.m.)

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