La Nuova Sardegna

Alghero

Il vescovo di Alghero ai preti della diocesi: «Le messe non si pagano»

Mario Girau
Il vescovo di Alghero Mauro Maria Morfino
Il vescovo di Alghero Mauro Maria Morfino

Il prelato detta le regole sulle celebrazioni. È il primo caso in sardegna. Diciotto articoli in vigore da domenica ai quali i parroci sono invitati ad attenersi «per evitare abusi». I fedeli possono lasciare un’offerta ma deve essere libera «non è lecito chiedere di più»

26 marzo 2018
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ALGHERO. I preti sono “vivamente raccomandati” di celebrare la Messa senza ricevere alcuna offerta, soprattutto per le intenzioni dei fedeli più poveri. Oggi entra in vigore l’“Istruzione sulla celebrazione dell’Eucarestia nella diocesi di Alghero-Bosa” emanata lo scorso 14 febbraio dal vescovo Mauro Maria Morfino. In diciotto articoli, preceduti da una corposa e profonda introduzione sulla “Centralità della celebrazione eucaristica nella vita della Chiesa”, il presule detta le regole cui tutti, “pastori e popolo di Dio”, devono uniformarsi perché non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e nelle azioni di culto di Dio e dei Santi”.

Insomma nessuna improvvisazione, vietato il “fai da te”. Concetti già noti ma che il vescovo Morfino ha ritenuto opportuno ribadire, alla luce anche del messaggio recente di Papa Francesco: «La messa non si paga».

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Messa gratis. In realtà la gratuità della Messa non è un’invenzione di Morfino, ma una norma prevista dal Codice di Diritto canonico. Questo non vuol dire che i fedeli che richiedono una celebrazione specifica per pregare per vivi e morti non possano lasciare un’offerta, ma – dice il vescovo di Alghero-Bosa in sintonia con il codice ecclesiastico – «non è assolutamente lecito richiedere più di quanto viene offerto liberamente, evitando accuratamente ogni apparenza di commercio o contrattazione». In sintonia con Papa Bergoglio che sulle offerte detto sì all’offerta libera, mai e poi mai alle tariffe prestabilite.

Le offerte. Dove finiscono le offerte? Se il sacerdote celebra una sola messa, i soldi ricevuti può trattenerli per sè. Se, invece, ne officia due o perfino tre, deve trasmetterle al vescovo diocesano “che le destinerà ai fini stabiliti dal diritto”. Le disposizioni di monsignor Morfino regolamentano anche l’uso delle offerte quando si celebrano gli altri sacramenti e i funerali. A proposito di questi ultimi il vescovo stabilisce che durante la celebrazione non si faccia la questua, che invece «si potrebbe fare molto più opportunamente in occasione del trigesimo o del primo anniversario».

La Chiesa. L’orientamento generale della Chiesa è per la gratuità della celebrazione eucaristica e la liberalità dell’offerta, però vescovi e sacerdoti ritengono opportuno educare i fedeli al significato teologico dell’offerta, “l’importanza ascetica dell’elemosina nella vita cristiana, insegnata da Gesù Cristo”, e sulla condivisione dei beni, “per cui mediante l’offerta di intenzioni di Messe i fedeli concorrono al sostentamento dei ministri sacri e alla realizzazione di attività apostoliche della Chiesa”.

Le disposizioni di Morfino, oltre a mettere nero su bianco i comportamenti giudicati corretti in materia di offerte, sono una vera e propria catechesi sulla celebrazione della Messa con “lezioni” accurate sui luoghi e strumenti della celebrazione: l’altare centro della liturgia eucaristica, calice, pisside, candelabri, sede della proclamazione della Parola (ambone), ma anche sugli “aiuti” per una maggior partecipazione al rito, cioè il “sacro silenzio” e la presenza o l’assenza di foglietti durante la celebrazione.

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