La Nuova Sardegna

Nuoro

Da Alà dei Sardi a Siniscola Il Tepilora punta all’Unesco

Presentata a Bitti la candidatura per le aree Mab, appena tredici in tutt’Italia Un progetto con il percorso del Rio Posada e con un marchio per i prodotti

21 gennaio 2016
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INVIATO A BITTI. Sono 651 in tutto il mondo, in Italia appena tredici. Aree diversissime tra loro, ma accomunate da una concezione dello sviluppo legata alla tutela dell’ambiente e, in particolare, delle biodiversità. Non riserve ecologiche in senso stretto, dunque, ma “cassaforti” di risorse umane e naturali da proteggere e mettere a frutto perché diventino fonte di reddito proprio in base alla loro specificità. È questo lo scopo principale delle MaB Unesco sparse nel pianeta, al centro di un programma nato negli anni ’70 che per la prima volta potrebbe approdare in Sardegna. In che modo? Attraverso il riconoscimento, il cui iter è appena cominciato, del Parco di Tepilora e del territorio del Rio Posada. Nei giorni scorsi a Bitti, proprio nella sede del parco, il presidente Graziano Spanu, sindaco di Lodè, ha convocato gli amministratori degli altri comuni del Tepilora (Bitti, Torpè e Posada) e i sindaci dei nove paesi che fanno da cornice al parco: Alà dei Sardi, Buddusò, Budoni, Lula, Onanì, Padru, Siniscola, Orune e Osidda. L’obiettivo è riunire le forze per presentare la candidatura di un territorio che ha il proprio cuore nel Rio Posada. Un territorio non uniforme, sia dal punto di vista naturalistico sia culturale (si pensi alle numerose varianti della lingua sarda presenti), che ha in comune il fiume e i suoi affluenti, dalle sorgenti sino alla foce.

I benefici. La candidatura è già un progetto, che il Parco ha affidato a due società specializzate (Punto 3 e Dolomiti Project), affiancate da Vivilitalia, società di servizi di Legambiente. Filippo Lenzerini, coordinatore del gruppo formato da Emiliano Oddone, Stefano Furin e Roberto Mazzà, ha illustrato la proposta, partendo da un assunto che alle orecchie di qualsiasi amministratore comunale suona come una parola magica: la riserva MaB non aggiunge alcun livello di tutela o vincolo rispetto a quelli già esistenti. Messo da parte questo spauracchio, ecco i principali benefici: di immagine, anzitutto, perché potersi fregiare di un riconoscimento dell’Unesco, l’organizzazione internazionale più titolata ad assegnare patenti culturali e scientifiche, è un ambito privilegio; ed economici diretti, tra gli altri, perchè i prodotti artigianali e agroalimentari realizzati all’interno dei MaB Unesco potranno utilizzare un marchio specifico. Un’opportunità riservata alle produzioni in linea con la filosofia del programma MaB (acronimo di “man and the biosphere”).

La “zonizzazione”. Le MaB sono suddivise in tre aree fondamentali. Le zone centrali (Core Areas), il cui obiettivo è la conservazione degli ecosistemi, destinate alla ricerca scientifica; le zone cuscinetto (Buffer Areas) nelle quali «si sperimentano metodi di gestione delle risorse rispettosi dei processi naturali, in termini di silvicoltura, agricoltura ed ecoturismo»; infine, le zone di transizione (Transition Areas), che prevedono attività economiche per il miglioramento del benessere delle comunità locali, in cui «sono presenti insediamenti abitativi, industriali, attività agricole rispettose dell’ambiente». La notizia (per i comuni) è che le tre aree hanno pari dignità. E che non si aggiunge alcun vincolo rispetto a quelli già in vigore. A guardar bene, una “zonizzazione” simile alle fasce di un parco, dalle aree preparco alla riserva vera e propria. Sarà questo il futuro del Tepilora?

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