La Nuova Sardegna

Nuoro

Fanghi, confermato il sequestro

di Enrico Carta
Fanghi, confermato il sequestro

Magomadas, respinto l’appello della Geco: resta sotto sigilli l’impianto di trattamento dei reflui

24 dicembre 2020
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MAGOMADAS. Il perché la decisione sia stata quella presa è qualcosa che per ora si può solo ipotizzare, comunque non allontanandosi probabilmente troppo dai motivi che hanno spinto i giudici a convalidare il sequestro dell’impianto della Geco. La certezza invece la regala il dispositivo del provvedimento preso dagli stessi giudici, atto che segna un momento di svolta importante nella battaglia giudiziaria tra la procura e l’azienda che smaltiva – smaltirà ancora? – fanghi di depurazione e reflui provenienti dalla Puglia, nella località San Pietro a ridosso del paese, non troppo distante anche dai centri abitati di Tresnuraghes, Flussio e Tinnura.

Nei giorni scorsi, i giudici del tribunale di Oristano presieduto da Carla Altieri, a latere Elisa Marras e Marco Mascia, hanno infatti respinto l’appello della ditta presentato dopo che, qualche mese fa, la giudice per le indagini preliminari aveva respinto l’istanza di dissequestro dell’intero impianto. I sigilli erano arrivati dopo l’accoglimento della richiesta formulata dal pubblico ministero Marco De Crescenzo che coordina, sotto la supervisione del procuratore Ezio Domenico Basso, l’inchiesta affidata alla Guardia forestale.

L’impianto era finito nel mirino della magistratura dopo una serie di proteste pubbliche, di esposti e soprattutto di verifiche sul campo. Se era facile avvertire il cattivo odore che proveniva dalla zona dell’impianto, più complessa è stata invece la procedura con cui la procura è convinta di aver dimostrato che lo smaltimento dei fanghi da depurazione avveniva al di fuori delle regole e senza rispettare i limiti di emissioni nell’atmosfera. Era stato quindi chiamato in causa l’ingegner Robotti, presidente dell’Arpas Piemonte. Con le sue analisi aveva certificato che ci si trovava di fronte a uno smaltimento illecito.

Sulla base di questa consulenza la giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro dell’intero impianto, decidendo che i sigilli andassero apposti anche alla parte in cui la Geco non trattava i fanghi, ma materiale di scarto proveniente dalla lavorazione edilizia. Dall’altro lato della barricata, la Geco aveva risposto facendosi forte dell’autorizzazione rilasciata nel 2018 dagli uffici della Provincia di Oristano e, in quest’ultimissima fase giudiziaria, anche di una propria consulenza che andava in direzione opposta rispetto a quelli a cui era giunta la consulenza della procura. Fatto sta che sul piatto i giudici devono aver trovato motivi più che validi per respingere l’appello con cui la Geco chiedeva l’annullamento della misura cautelare e quindi il dissequestro degli impianti. Entro i prossimi trenta giorni si conoscerà anche quali siano questi motivi, perché saranno pubbliche le motivazioni.

Fatto sta che la procura incassa un ulteriore risultato positivo, mentre la Geco deve rimandare la riapertura dell’impianto che rimarrà chiuso ancora per diverso tempo. Restano ovviamente altre strade e sarà l’azienda a decidere quale imboccare consultandosi col suo avvocato Danilo Mattana, che tutela anche Leonardo Galleri, legale rappresentante della Geco e al momento unico indagato.

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