Niente monossido, è giallo sulla morte dello skipper. La certezza: Marchionni lavorava sulla barca
Al via gli esami tossicologici sui campioni di tessuti prelevati dal cadavere del 21enne di Bacoli
Olbia Quella di Giovanni Marchionni, lo skipper 21enne di Bacoli trovato senza di vita l’8 agosto a bordo di un lussuoso motoscafo d’alto mare ormeggiato a Portisco, è una morte ancora senza verità. Un giallo al quale tutti gli accertamenti disposti dalla Procura di Tempio e svolti finora, non hanno ancora dato una risposta. Perché Giovanni Marchionni è morto? Che cosa ha provocato il suo decesso? Ha inalato gas tossici? La risposta potrebbe arrivare dagli esami tossicologici sui tessuti molli prelevati dal corpo della vittima che cominceranno oggi in un laboratorio di Cagliari: un approfondimento che ha lo scopo di rilevare se ci siano o meno residui di gas tossici, non emersi con l’autopsia. Un esito, a questo punto, determinante, considerato che l’esame autoptico eseguito sul corpo del giovane skipper campano, che lavorava sull’imbarcazione, non aveva chiarito i motivi del decesso. Era emerso che era morto per un arresto cardiorespiratorio, ma non era stato possibile stabilirne le cause (non c’erano tracce di assunzione di stupefacenti, né di emorragie o ictus). E per questo motivo, il procuratore Gregorio Capasso e la sostituta Milena Aucone che coordinano le indagini, hanno disposto ulteriori approfondimenti. Avrebbe, invece, confermato quanto emerso nell’ultima verifica eseguita sulle batterie a bordo del motoscafo, un altro accertamento: quello sulla campionatura dell’aria. Gli esiti del laboratorio scientifico di Treviso che si è occupato degli esami, avrebbe confermato l’assenza di monossido di carbonio e la presenza al di sotto dei limiti di soglia dell’acido solfidrico. Ecco perché, a questo punto, diventa preponderante l’esame tossicologico. Un esito fondamentale, atteso dai legali che assistono la famiglia della vittima e da quelli che difendono la proprietaria dell’imbarcazione, Annalaura di Luggo, manager e consigliere delegato del cantiere Fiart Mare di Bacoli (che al momento non risulta indagata).
La tragedia È la tarda mattinata dell’8 agosto scorso quando Giovanni Marchionni viene ritrovato morto su uno dei letti della cabina marinaio, a prua del motoscafo d’alto mare del cantiere nautico Fiart, ormeggiato al molo 7 della Marina di Portisco. Sono stati gli stessi proprietari dell’imbarcazione a rendersi conto che il 21enne non respirava più. Al porto turistico, uno dei più importanti della Sardegna, si precipitano la polizia, le ambulanze del 118 e i camion dei vigili del fuoco. Il medico legale constata il decesso ed esclude qualsiasi segno di violenza.
L’inchiesta La Procura di Tempio apre un fascicolo a carico di ignoti per omicidio colposo, e dà il via a tutti gli accertamenti necessari per individuare le cause della morte del 21enne: sia quelli tecnici sull’imbarcazione sotto sequestro, sia quelli relativi all’autopsia, incentrati ora sugli esami tossicologici. Motoscafo al setaccio Per tre volte nel giro di tre settimane, il consulente nominato dalla Procura, Giuseppe Mangano, sale sul motoscafo per eseguire le verifiche disposte dai magistrati sul funzionamento delle batterie. Si cerca la prova di un’eventuale intossicazione. Tracce di monossido di carbonio e acido solfidrico. Gas tossici, le cui esalazioni potrebbero aver causato la morte del giovane. A bordo, anche gli avvocati – la famiglia dello skipper è assistita da Gabriele Satta e Maurizio Capozzo, l’armatrice, da Giampaolo Murrighile e Sebastiano Giaquinto – insieme ai rispettivi consulenti. Dalla prima ispezione non emerge nessuna particolare anomalia. Nella seconda, eseguita con gli impianti accesi, emergono tracce di monossido di carbonio. Ma si tratta di un falso positivo. Infatti, la terza ispezione, durata oltre dieci ore, esclude la presenza di monossido di carbonio. In merito all’altra sostanza tossica, una delle batterie appare effettivamente danneggiata, e aperto il tappo esala acido solfidrico. Ma una volta richiusa, nell’ambiente circostante non c’è traccia di quel gas. A quel punto, il consulente della Procura provvede a campionare l’aria che è stata messa in alcune sacche che sono state inviate a un laboratorio scientifico di Treviso. L’esito, di qualche giorno fa, avrebbe confermato l’assenza di monossido di carbonio e la presenza di acido solfidrico al di sotto dei limiti di soglia. Ma il lavoro del consulente del pubblico ministero non è ancora terminato: ha chiesto novanta giorni di tempo (dal momento del conferimento dell’incarico) per rispondere ai quesiti della Procura e depositare la relazione finale.