Cinzia Pinna centrata al volto da almeno un colpo di pistola
Primi esiti degli accertamenti sul corpo della 33enne di Castelsardo uccisa dall’imprenditore di Arzachena Emanuele Ragnedda
Palau Sono iniziati nella mattina di oggi 29 settembre gli accertamenti sul corpo di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo uccisa a colpi di pistola dall’imprenditore di Arzachena Emanuele Ragnedda che aveva poi nascosto il cadavere nella sua vasta tenuta, a Conca Entosa. Quello di oggi è un primo accertamento, una Tac, a cui farà seguito l’autopsia che dovrebbe essere disposta a metà settimana. Dai primi risultati sarebbe emerso che Cinzia Pinna è stata centrata in pieno volto da almeno un colpo di pistola. Nella sua confessione agli inquirenti, Ragnedda, aveva detto di aver esploso più colpi (potrebbero essere due, o tre). Ma gli accertamenti sono in corso e un quadro definito si avrà con l’esame autoptico, anche sull’eventuale presenza di segni di violenza. Gli esami sul corpo della vittima sono stati eseguiti all’istituto di medicina legale di Sassari dal medico legale Salvatore Lorenzoni, alla presenza del perito Ernesto D’Aloja, nominato dal difensore di Ragnedda, l’avvocato Luca Montella, e dei familiari della ragazza. Ragnedda, nella sua lunga confessione resa al procuratore Gregorio Capasso e alla sostituta Noemi Mancini nella caserma dei carabinieri, mercoledì 24 settembre, aveva detto di essere stato minacciato dalla donna con un coltello, e di aver sparato. Più colpi esplosi frontalmente.
Il contenuto della confessione era stato, poi confermato, anche con l’aggiunta di nuovi particolari e circostanze, davanti alla gip del tribunale di Tempio Marcella Pinna che ha disposto la misura cautelare in carcere. Il 41enne era stato, quindi, trasferito a Bancali. L’ipotesi investigativa è quella di un approccio sessuale che Cinzia ha rifiutato, da lì un violento litigio che si è concluso nel sangue. Il corpo della donna con indosso solo una maglietta, era stato nascosto dall’imprenditore all’interno della sua tenuta e trovato dodici giorni dopo l’assassinio dagli investigatori. Era stato lo stesso 41enne a indicare il punto in cui aveva abbandonato il suo corpo: un posto impervio sotto la montagna, in un tratto incolto. Lo aveva ricoperto da sterparglie e rovi. Intanto vanno avanti le indagini per identificare eventuali complici di Ragnedda che potrebbero averlo aiutato a nascondere il cadavere e a ripulire lo stazzo dal sangue, ma anche a disfarsi del cellulare della vittima e del resto dell’abbigliamento che non è stato trovato nello stazzo. I carabinieri del reparto territoriale di Olbia e i colleghi di Palau, guidati dal comandante Nicola Pilia, stanno interrogando numerose persone. L’attenzione è rivolta in particolare a una donna con cui Ragnedda era solito accompagnarsi. (t.s.)