La Nuova Sardegna

Rendite

Extraprofitti, l’incoerenza del governo

di Mario Macis
Extraprofitti, l’incoerenza del governo

Banche nel mirino, taxi e balneari no

02 settembre 2023
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Il decreto “Omnibus” ha confermato una misura che ha sollevato non poche polemiche: la tassa sugli “extraprofitti” delle banche. Parlare di “extraprofitti” è improprio. Ma il problema non è soltanto terminologico. Ci sono problemi di equità e distorsioni.

Questo provvedimento non solo mette in risalto alcune prassi discutibili nella definizione e nella gestione della tassazione nel nostro Paese, ma esprime anche le persistenti difficoltà finanziarie italiane e le complessità (e scarsa volontà) nel riformare settori che spesso non rispondono adeguatamente alle esigenze dei cittadini, creando rendite in maniera, a volte, ingiustificata. Il provvedimento in questione prevede un prelievo del 40% sull’incremento del “margine di intermediazione”, che indica la differenza tra gli interessi attivi che le banche guadagnano dai loro prestiti e gli interessi passivi corrisposti a chi detiene depositi. Questo margine è cresciuto notevolmente nel 2022 e 2023, a causa dell'aumento dei tassi di interesse da parte della Bce per fronteggiare l'inflazione. Diversi economisti e commentatori hanno evidenziato numerose criticità di questa decisione.

Arbitrarietà: questa tassa “ad hoc” e retroattiva potrebbe far pensare che il governo stia discriminando certi settori, mettendo in dubbio la stabilità normativa e fiscale dell'Italia agli occhi degli investitori.

Distorsioni: imponendo una tassa su una specifica voce di ricavo, si rischia di spingere le banche a cercare guadagni in altri modi, come attraverso l'aumento delle commissioni, a svantaggio dei depositanti.

Equità dell'imposta: la tassa non incide sui profitti totali, ma sui ricavi aggiuntivi derivanti dal margine di interesse. Ciò pone questioni di equità: banche con guadagni analoghi dal margine di intermediazione potrebbero presentare risultati di profitto differenti a causa della varietà nelle loro operazioni e fonti di reddito. Inoltre, sebbene la tentazione di tassare le banche in un periodo di margini in crescita sia comprensibile, bisogna ricordare che questo recupero arriva dopo anni di margini compressi dai tassi a zero. Questo provvedimento sembra essere una misura d’emergenza per generare entrate piuttosto che una mossa ponderata all'interno di un disegno complessivo di riforma fiscale.

L’improvvisazione e la confusione mostrata dall’esecutivo, con l’annuncio fatto dal ministro delle Infrastrutture anziché da quello dell’Economia, e le rapide correzioni di rotta dopo il crollo borsistico dei titoli bancari seguito all’annuncio del provvedimento, non fanno che rafforzare questa impressione. L’Italia, con il suo pesante fardello debitorio, dovrebbe prestare estrema attenzione ai messaggi che invia agli investitori, sia nazionali che internazionali. Esiste realmente un problema di rendite eccessive in diversi settori. Ma la soluzione risiede in una maggiore concorrenza. Se il governo desidera davvero affrontare il problema delle rendite, allora deve agire con coerenza, nel settore bancario e anche in altri.

L'inerzia mostrata nel settore dei taxi e dei balneari dimostra che molto resta ancora da fare. E in questo, il governo attuale non sembra differire dai suoi predecessori. In aggiunta a queste considerazioni, è emersa recentemente una nuova preoccupazione legata al contesto europeo. Il Corriere della Sera ha riportato che una lettera riguardante la tassa sugli extraprofitti delle banche è in arrivo al ministero dell'Economia da parte della Bce. Si ritiene che nella missiva ci sarà una netta censura al provvedimento. Se confermata, potrebbe ulteriormente complicare la situazione, mettendo in luce le sfide che il governo sta affrontando. Tale sviluppo rafforza l'idea che la scelta di tassare gli “extraprofitti” bancari debba essere ponderata con grande attenzione, considerando tutte le possibili ripercussioni.

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