La Nuova Sardegna

Oristano

tribunale 

Processo a Don Usai, una arringa di cinque ore

di Michela Cuccu
Processo a Don Usai, una arringa di cinque ore

ORISTANO. «Don Usai va assolto»: sono le conclusioni della lunga arringa degli avvocati Anna Maria Uras e Franco Luigi Satta, al processo che vede imputati l’ex responsabile della comunità per...

09 luglio 2020
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ORISTANO. «Don Usai va assolto»: sono le conclusioni della lunga arringa degli avvocati Anna Maria Uras e Franco Luigi Satta, al processo che vede imputati l’ex responsabile della comunità per detenuti in regime di pena alternativa al carcere, “Il Samaritano” di Arborea e uno degli ospiti della struttura, il nigeriano Alphonsus Eze. Entrambi sono accusati di favoreggiamento della prostituzione, alla quale, ma solo per il sacerdote, si aggiunge anche quella di violenza sessuale. Nella precedente udienza, il pubblico ministero Marco De Crescenzo aveva sollecitato la condanna a sei anni di carcere per don Giovanni Usai, ma solo per il reato di favoreggiamento della prostituzione dato che, secondo il pm, non era stata provata la violenza sessuale. Per Alphonsus Eze, per il quale era stata chiesta la condanna a tre anni di carcere, il processo potrebbe già essere chiuso. Il suo legale, l’avvocato Carlo Figus ha chiesto la prescrizione del reato, sopraggiunta alla fine del 2019. Nato da un’inchiesta su un presunto giro di sesso a pagamento all’interno della comunità, iniziata più di dieci anni fa e culminata con il clamoroso arresto di don Giovanni Usai, almeno secondo i legali del sacerdote, al processo nessuna delle accuse sarebbe stata provata. La difesa ha smontato le accuse, basato sulle intercettazioni e le dichiarazioni dei testimoni alcuni dei quali hanno fatto perdere le loro tracce, tanto da non presentarsi mai in aula. «Per un processo servono prove e non i deliri che abbiamo sentito», ha detto fra le altre cose l’avvocato Franco Luigi Satta. Sulla conduzione dell’inchiesta e l’inattendibilità dei testimoni, definiti “prezzolati” che si è basata la tesi dell’avvocata Anna Maria Uras, che ha censurato la conduzione delle indagini da parte dei carabinieri di Arborea, definendo «farlocche» le dichiarazioni in aula dal maresciallo Giuseppe Zara. Per dimostrarlo Uras ha puntato su un aspetto: «Il 95 per cento dei testimoni dell’accusa, in aula non ha confermato il contenuto dei verbali fatti in caserma». Fra gli elementi della difesa c’è anche la vicenda delle mail che una delle nigeriane avrebbe inviato in caserma. La donna era ai domiciliari per droga e come ha spiegato Satta, è analfabeta: «difficile che possa aver scritto la mail in italiano corretto». Si va al 22 ottobre.

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