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Omicidio di Roberto Vinci, l’accusa chiede 24 anni

Omicidio di Roberto Vinci, l’accusa chiede 24 anni

GENONI. Ventiquattro anni di carcere, esattamente la sua età. È la condanna chiesta dal pubblico ministero Nicoletta Mari per Francesco Fenu, il giovane di Genoni accusato dell’omicidio del...

09 settembre 2021
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GENONI. Ventiquattro anni di carcere, esattamente la sua età. È la condanna chiesta dal pubblico ministero Nicoletta Mari per Francesco Fenu, il giovane di Genoni accusato dell’omicidio del compaesano Roberto Vinci. Davanti ai giudici della Corte d’assise di Cagliari presieduta da Giovanni Massidda, a latere Stefania Selis, il pubblico ministero ha ricostruito quello che ritiene un assassinio premeditato «dal movente inspiegabile», parole usate al termine della requisitoria.

La sera del 19 agosto di due anni fa, Roberto Vinci venne raggiunto da due scariche di pallettoni mentre, in bicicletta, faceva rientro in paese dopo una giornata di lavoro in campagna. Ai carabinieri che arriveranno, avvisati da una telefonata, con un filo di voce, Vinci fa subito il nome di Francesco Fenu: «L’ho riconosciuto anche se aveva il volto coperto», dice la vittima che cesserà di vivere poche ore dopo il ricovero in ospedale. Vinci però indica i potenziali mandanti: due persone di Genoni, con le quali aveva avuto uno screzio. Sebbene i loro nomi siano stati fatti più volte in aula, non verranno mai trovate prove a loro carico e non sarà emesso alcun provvedimento.

In piedi è rimasta l’unica tesi, quella che Francesco Fenu propose nella confessione resa in carcere a Uta dove si trovava da un anno «e quando ormai – ha detto la pm – l’inchiesta era praticamente conclusa». La misura cautelare era stata emessa dopo che il giovane era risultato positivo all’esame dello stub. Fenu confesserà di aver ucciso per paura che Roberto Vinci potesse fare del male alla sua fidanzatina. Disse che più di una volta, Vinci aveva fatto apprezzamenti nei confronti della ragazza. Così quella sera sarebbe andato a prendere un fucile che deteneva illegalmente – dirà di averlo acquistato per andare a caccia – e con il volto coperto da un passamontagna, si sarebbe appostato in attesa della vittima. La prima scarica di pallettoni raggiunse Vinci a un fianco, la seconda alle spalle mentre, disperato, l’uomo continuava a pedalare cercando di sfuggire al cecchino.

«Non volevo ucciderlo, ma solo spaventarlo», dirà il ragazzo nella confessione durante la quale indicherà il punto esatto dello stagno dove, per cancellare le prove, aveva gettato il fucile. Non aveva però tenuto conto delle intercettazioni e del diario dove la sua vittima, tornato libero dopo aver scontato la condanna per una rapina a un distributore finita nel sangue, annotava ogni cosa e diventato preziosissimo per gli investigatori. L’avvocato Alberto Curreli, ha chiesto il pagamento di 100mila euro di provvisionale per il fratello e la sorella della vittima, costituitisi parte civile. Si ritorna in aula il 29 settembre, quando parleranno i legali della difesa.

Michela Cuccu

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