La Nuova Sardegna

Oristano

L’inchiesta

Delitto Manca, l'autopsia non risolve i dubbi: pochi traumi e non compatibili con l’investimento

di Enrico Carta
Delitto Manca, l'autopsia non risolve i dubbi: pochi traumi e non compatibili con l’investimento

I parroci della diocesi di Ales-Terralba: «Delitto figlio della droga il cui uso è socialmente accettato»

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Terralba L’autopsia non scioglie i dubbi che restano tutti lì, sul tavolo degli inquirenti e nei pensieri dei parenti di Claudio Manca. Il corpo del 49enne è stato esaminato dai medici legali Roberto Demontis, incaricato dalla procura, e Domenico Nuvoli, consulente per conto dell’avvocato Fabio Costa che tutela la famiglia della vittima dell’omicidio avvenuto giovedì 25 settembre lungo la circonvallazione. In carcere c’è il compaesano Battista Manis, imprenditore di 52 anni, accusato di omicidio volontario – è difeso dagli avvocati Ivano Chiesa e Antonio Pinna Spada – perché avrebbe prima investito e poi pestato a morte colui che accusava di essere l’autore dell’incendio che gli aveva mandato in fumo alcune stanze della sua casa.

L’ipotesi del pestaggio resta la più accreditata, perché dall’esame del medico legale, che deve comunque essere completato e messo per iscritto, non sarebbero emersi traumi che consentano di collegare la morte all’investimento. In particolare i consulenti si sono soffermati su alcune lesioni al collo e al cranio e su un lungo taglio che Claudio Manca aveva in una gamba. In attesa di conferme più stringenti, tutto sembra lasciar pensare che siano ferite non legate all’urto con l’auto in cui si trovava Battista Manis né alla caduta dalla bicicletta. C’è poi un altro dettaglio, legato alla dinamica dello scontro, che agli inquirenti risulta molto strano: è insolito che il corpo sia stato trovato al di qua e non oltre la bicicletta e anche questo particolare andrebbe a confermare il fatto che sia stato spostato dal punto esatto in cui è avvenuto l’incidente.

Intanto, mentre i carabinieri proseguono il loro lavoro di indagine, dopo giorni di silenzio, c’è la prima presa di posizione da parte della società terralbese. Sono i parroci della Diocesi di Ales-Terralba ad affidare il loro pensiero a una comunicazione che mette al centro dell’episodio due elementi: la droga e la voglia di soldi facili, ambito nel quale sarebbero maturati il delitto e tutta la fase precedente che ha portato a esso. Tra citazioni del Vangelo e altri ragionamenti, i sacerdoti così scrivono: «Ogni nostra considerazione non può, non deve e non vuole esprimere giudizi sulle vite delle persone coinvolte. Davanti alla violenza non possiamo tacere. Quando non riconosciamo il dono che sono i fratelli e le sorelle accanto a noi, quando l’avidità prende il sopravvento, quando ci lasciamo imprigionare da schiavitù come la droga, il denaro facile, l’ego che prevale su tutto e su tutti, allora ciò che si prospetta è infausto: piangeremo ancora. Crediamo fermamente che sia arrivato il tempo di fermarci, smetterla di straparlare. Non possiamo ignorare che anche nella nostra comunità ci siano situazioni in cui i valori si sono smarriti. Non possiamo fingere che l’uso e l’abuso di alcool e sostanze stupefacenti, da parte di giovani e meno giovani, sia ormai socialmente accettato». Una piaga sociale che sta passando sottotraccia e che ormai è sdoganata.

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