La giudicessa Eleonora d’Arborea è sepolta nell’isola, i documenti svelano il luogo: ecco dove
Le ricerche danno sostegno alla tesi di Paolo Gaviano
Oristano Le spoglie mortali della giudicessa Eleonora d’Arborea potrebbero essere nella chiesa Cattedrale, intitolata a Santa Maria Assunta, e precisamente nella cappella di San Bartolomeo, dove si trova il “Sepulcro anticorum nostrorum”, nel quale riposano i resti mortali dei suoi avi. Si conferma così l’intuizione risalente alle ricerche effettuate nel 2002 dall’avvocato Paolo Gaviano, al cui ricordo è stato dedicato il convegno sulle tombe dei Giudici di Arborea che si è svolto venerdì sera nel Museo Diocesano. Ricerche che allora facevano ritenere verosimile la correlazione tra la cappella di San Bartolomeo e il sepolcro dei giudici arborensi.
A confermare la teoria di Paolo Gaviano ci sono i nuovi documenti presentati dal direttore scientifico dell’Istituto di Studi Arborendi e docente universitario Giampaolo Mele, che aggiungono ulteriori elementi alle tesi di Paolo Gaviano. In particolare, si fa riferimento a un importante scritto risalente al XVI secolo, redatto in lingua catalana, rinvenuto nel 2012 in un faldone contenente carte allora sconosciute da Raffaele Cau Bua, responsabile dell’Archivio storico diocesano, nel quale viene richiamata l’esistenza di una cappella intitolata a San Bartolomeo nella Cattedrale, luogo scelto dai Giudici per la loro sepoltura e per quella dei loro familiari, come attestato nel testamento di Ugone II, nonno di Eleonora.
È lo stesso professor Mele a confermare il valore storico dello studio: «La documentazione che è affiorata di recente conferma in maniera incontrovertibile che i sepolcri degli Arborea sono ubicati nella Cattedrale di Oristano. Il testamento di Ugone II è stato redatto nell’aprile del 1335 e afferma in maniera chiarissima che gli antenati del Giudice erano tumulati nello spazio di San Bartolomeo, che avrebbe sostituito una cappella antecedente». La cappella, stando a quanto emerso, si trova a fianco dell’altare maggiore, dove c’è il battistero, come attestato dalla testimonianza rinvenuta da Raffaele Cau Bua: «Ho ritrovato il documento in occasione di uno studio condotto sulla Cattedrale – prosegue Giampaolo Mele –. In primo momento non gli ho dato peso, perché la ricerca era indirizzata verso altri obiettivi; successivamente mi sono accorto che quella era una delle pochissime citazioni della cappella di San Bartolomeo in epoca moderna, quindi, a parte quella nota, era l’unica citazione documentaria che dava la certezza della sua esistenza ancora in epoca moderna».
Mariangela Rapetti, docente dell’Università di Cagliari, ha tenuto un’interessante relazione sull’argomento delle tombe dei Giudici d’Arborea: «Le ricerche di Paolo Gaviano, che ho letto con molta attenzione, hanno sciolto molti dubbi sulle sepolture giudicali». A Piero Ortu, ex sindaco di Oristano e libero ricercatore con diverse pubblicazioni all’attivo, è toccato il compito di tracciare il percorso politico e culturale di Paolo Gaviano e del suo importante contributo sulle attività dell’Istar. Ha concluso la serata Su Cuncordu Sos Zovanos de su Rosariu di Santu Lussurgiu, cantando alcune strofe del “Miserere” e di “Novena”: entrambi i canti sono tratti dal repertorio liturgico della settimana Santa. Erano presenti, con Monsignor Roberto Caria, che ha portato i saluti dell’arcivescovo Roberto Carboni, Silvia Oppo, direttrice del Museo diocesano, Erika Vivian, presidente dell’Istar, il sindaco di Oristano, Massimiliano Sanna, e l’assessore alla cultura, Simone Prevete. Presenti anche la vedova di Paolo Gaviano, la signora Anna Manis, e la figlia Chiara.
