La Nuova Sardegna

Ecco la mappa della «città delle pantegane»

Ecco la mappa della «città delle pantegane»

Così i derattizzatori hanno dichiarato guerra ai topi senza esclusione di... esche

12 settembre 2008
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SASSARI. Se non è Topolinia, poco ci manca. Eccola, la mappa della città dei topi: i 125 mila rattus norvegicus, nome scientifico dei grossi ratti che vivono nelle fogne e che sembrano avere invaso i quartieri di Sassari. Una città di abitanti a quattro zampe parallela a quella degli uomini e perfino più numerosa. La squadra di derattizzatori del Comune ha tracciato la piantina basandosi sulle esche, 5600 nel giro di dodici mesi, sistemate nelle zone dove era stata segnalata la presenza di animali. Un modo per uccidere gli «invasori» ma anche per censirli, visto che non potendo spostare il cibo continuano ad alimentarsene senza allontanarsi da... casa. Questo significa che quando le esche non vengono più toccate, in quella zona la colonia è stata sterminata.

L’allarme per l’invasione dei ratti di tutte le dimensioni viene minimizzato dai tecnici del Comune e della Multiss, i quali assicurano che non c’è una emergenza sanitaria in corso o all’orizzonte. I topi sassaresi non sarebbero cresciuti di numero, e pazienza se li si vede in giro anche in pieno giorno. Un roditore, grosso come un gatto, mercoledì ha addirittura provocato un incidente stradale in piazza Ruju.

Chi se ne intende nega l’invasione. Resta il fatto che, soprattutto negli ultimi mesi, le richieste di derattizzazioni sono aumentate. «Colpa» degli scavi che hanno scoperchiato fogne e tane. La mappa disegnata dali tecnici del Comune mostra una città sotto scacco. L’équipe guidata da Giampiero Cotzia, direttore dei cantieri comunali del progetto «Sardegna fatti bella», ha disegnato la piantina delle tane e delle discariche abusive. A Sassari le pantegane sono un po’ ovunque e preligono, spiega Cotzia, le aree degradate (per incuria o presenza di stabili abbandonati) dove c’è cibo e acqua. In tutto sono stati individuati un migliaio di siti, anche se sarebbero «solo» cinquecento quelli che impegnano i derattizzatori in una guerra senza esclusione di... esche.

La squadra istituita dall’assessore comunale all’Ambiente Salvatore Demontis lavora così: individuata la colonia, sistema i bocconi avvelenati nei punti strategici. Si tratta di esche stabili che gli animali non possono spostare. Questo per consentire anche il contemporaneo censimento della colonia. Ogni esca può uccidere fino a cinque animali e ciò permette di calcolare la consistenza della colonia. Da qui il calcolo di diecimila «nemici» annientati e di un esercito di centoventicinquemila ancora attivo. La situazione, assicurano in Comune, è sotto controllo. Gli operai tornano periodicamente sul posto fino a quando non si rendono conto che non ci sono più topi.

I puntini sulla carta fanno impressione, anche se gli esperti spiegano che il maggior numero di avvistamenti è dovuto al fatto che in questo periodo dell’anno i ratti vanno alla ricerca di nuove zone dove insediarsi. Quei segni sulla mappa segnalano la presenza di pantegane che si aggirano impavide nel centro storico (soprattutto nella zona San Donato e in via Arborea), nella vallata Eba Giara, a Carbonazzi e al Monte Rosello. Ma anche in piazza d’Italia e in via Roma. Ai topi di fogna bisogna aggiungere il numero indefinito di rattus rattus che popola soffitte e cantine dei palazzi. Niente a che vedere con i mus musculus. A dispetto del nome roboante, si tratta di innocui (ma invadenti) topolini di campagna in visita ai cugini di città. La derattizzazione dei palazzi, a meno che non siano scuole o altri edifici pubblici, non compete alle squadre comunali e della Multiss.

Qualcuno dà la colpa della calata delle pantegane anche alla presenza dei contenitori dell’umido, considerati un catering inconsapevolmente fornito alla città dei topi dalla città degli uomini. «Assolutamente no - assolve i cassonetti Giampiero Cotzia -. È vero che i topi vanno alla ricerca di cibo, ma i contenitori dell’umido sono a prova di animale. Questo problema può verificarsi nel centro storico, se c’è un ritardo nella raccolta dell’umido, oppure se qualcuno si ostina a depositare fuori orario per strada le buste con i residui alimentari».

Capita nel centro storico. Sarebbe questa abitudine incivile la causa di un allarme topi a Palazzo Ducale. Si è poi scoperto che le pantegane andavano a divorare il cibo lasciato da qualcuno nei pressi di uno degli ingressi secondari del palazzo. Rodi che ti rodi i sorci avevano aperto un varco nel portone (murato dopo la scoperta) ed erano andati a farsi un giro nelle stanze del municipio. Chissà, forse la città dei topi stava cercando una sede per insediare la propria giunta.
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