La Nuova Sardegna

Un grande show lungo un chilometro e mezzo

Federico Spano
Un grande show lungo un chilometro e mezzo

In scena tremila figuranti, 60 gruppi provenienti da 58 paesi e 300 cavalli

24 maggio 2009
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SASSARI. Dietro ogni passo di ballo tondo, tra le pieghe delle gonne o nel luccichio di ogni gioiello, ci sono mesi di prove, preparativi, serate. I 1.400 metri della sfilata, tra via Asproni e via Manno, scorrono via in un attimo, in confronto all’attesa. I tremila figuranti in costume, arrivati da ogni angolo dell’isola, dopo il bagno di folla, si disperdono nei corridoi delle scuole di corso Margherita di Savoia, che come da tradizione li hanno ospitati per la notte. I costumi vengono riposti nelle valigie, i gioielli conservati con cura. La fatica, per il caldo opprimente e per il viaggio di ritorno, è resa più leggera dalla soddisfazione di avere rispettato la tradizione, e proiettato ancora una volta nel futuro la memoria storica del proprio paese: i costumi sono il «dna» dei tanti popoli che costituiscono il continente Sardegna. Metterli in mostra, farli sfilare davanti a oltre centomila persone, in gran parte turisti, come è successo anche ieri alla 60ª edizione della Cavalcata Sarda, significa conservare la vera immagine dell’isola, quella lontana dalle coste, dalle spiagge e dalle ville di lusso.

La Cavalcata che si è svolta ieri mattina è probabilmente la più puntuale e ordinata di sempre. Il sindaco Gianfranco Ganau lo aveva promesso: «Entro le 14 sarà tutto finito». E gli ultimi cavalli hanno attraversato piazza d’Italia poco dopo l’una e mezza. Nessun vuoto fra i gruppi: il pubblico non ha avuto il tempo di annoiarsi. Lo spettacolo portato per le strade del centro dai 60 gruppi folk, provenienti da 58 paesi diversi, infatti, non ha deluso le aspettative. Il preludio, offerto dal gruppo ospite, che è sfilato in apertura dietro il gremio dei Massai, è stato da pelle d’oca. Il suono delle cornamuse e dei tamburi della «Lothian & Borders police pipe band» di Edimburgo è riecheggiato a lungo, anche dopo il passaggio dei poliziotti in kilt. Le piccole fisarmoniche del gruppo folk «Sassari», che è transitato subito dopo, sono state letteralmente sovrastate dagli strumenti scozzesi e per qualche istante si è potuto assistere a un ballo tondo al suono delle cornamuse.

Tra i tanti costumi, provenienti dalle otto province sarde, come sempre si sono messi in evidenza quelli più antichi, quelli derivati direttamente dalle tradizioni pagane precedenti al Cristianesimo. Stupendi, con le loro teste di capra dalle corna lunghissime, i «Mamutzones de Samugheo». Affascinanti come sempre i mandriani dalle facce dipinte di nero del gruppo «Boes e Merdules» di Ottana. Il momento più emozionante, come sempre, è stato raggiunto con il passaggio del gruppo più famoso, la cui immagine è conosciuta in tutto il mondo: i «Mamuthones e Isohhadores» di Mamoiada. Come da tradizione, anche il sindaco di Sassari, in tribuna d’onore accanto alla presidente della privincia Alessandra Giudici, è stato preso al lazzo da uno degli «issohhadores»: un omaggio e un buon augurio per la città. L’organizzazione della sfilata, ieri, è stata pressoché perfetta. L’unico colpo di scena l’ha offerto lo speaker ufficiale della sfilata, che al passaggio dell’ultimo gruppo a piedi, quello di Sant’Antioco, ha annunciato la fine della 60ª edizione della Cavalcata: «Arriverderci al 2010». Peccato che dovessero ancora arrivare altri diciannove gruppi in sella a 300 cavalli. I più frettolosi di tornare a casa (il caldo era asfissiante: 37 gradi) si sono persi la parte più suggestiva dello spettacolo, quella che dà un senso al nome della sfilata.
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