La Nuova Sardegna

Bonifiche, i progetti sono fermi al palo

di Gianni Bazzoni
Bonifiche, i progetti sono fermi al palo

A Porto Torres il risanamento dei siti frenato dalla burocrazia

25 agosto 2013
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SASSARI. La Sardegna è la regione con la maggiore estensione di zone industriali inquinate tra quelle comprese nell’elenco dei 57 Siti di interesse nazionale. Di bonifiche si parla seriamente dal 1998, quando il ministero dell’Ambiente ha varato i nuovi interventi e normato le attività di bonifica e ripristino ambientale. Il programma nazionale risale, invece, al 2001, mentre le direttive europee sulla «riparazione del danno ambientale» fanno riferimento ai documenti del 2000 e del 2004. L’area industriale di Porto Torres è stata classificata di interesse nazionale nel 2002, anche se non sono state subito previste risorse finanziarie per dare corso agli interventi di risanamento. E oggi, a undici anni da quella data, le cose procedono molto lentamente, tanto che le operazioni rilevanti - quelle che riguardano lo sviluppo futuro - sono ancora tutte sulla carta. Una situazione in linea con l’andamento nazionale se è vero - come ha ricordato Legambiente - che dei 57 siti, uno solo risulta bonificato. E i ritardi rischiano di vanificare la restituzione delle aree per nuove intraprese.

L’Accordo di programma del 2011 ha definito ruoli, risorse finanziarie e tempi di attuazione, ma le bonifiche - per la messa in sicurezza e risanamento ambientale dell’intero sito, che ha sopportato il peso di oltre 50 anni di inquinamento selvaggio da parte del Petrolchimico - registrano un grave ritardo. Tanto che, proprio nei giorni scorsi, il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha annunciato «una fortissima accelerazione delle bonifiche industriali su sui si traccheggia da anni con conferenze di servizi che non approdano a nulla». Eliminare le situazioni di grave inquinamento, con conseguenze sanitarie, anche per dare spazio a nuova occupazione: sono queste le richieste che il territorio del Sassarese ha fatto pervenire al ministro dell’Ambiente.

«Tra i problemi che stanno frenando il percorso delle bonifiche nel nostro territorio – ha detto il sindaco di Porto Torres Beniamino Scarpa – ci sono le autorizzazioni ministeriali. Ho scritto al ministro per invitarlo a visitare le aree interessate dai progetti di risanamento e rendersi conto di persona di che cosa stiamo parlando. Posso dire che, al momento, Porto Torres è l’unico sito in Italia dove l’Eni sta facendo dei confronti periodici con le istituzioni locali. L’ultima volta è stata a fine luglio».

L’assessore provinciale all’Ambiente Paolo Denegri, denuncia la situazione di stallo dei progetti più importanti, e chiama in causa oltre all’Eni anche la Regione: «Con chi ha il compito di risanare il territorio contiamo di fare il punto della situazione ai primi di settembre – afferma – intanto non possiamo che ribadire il disimpegno da parte della Regione: da più di un anno sono stati interrotti tutti i tavoli previsti dal Protocollo d’intesa. Uno riguardava proprio le bonifiche, gli altri l’agricoltura e i lavoratori dell’indotto».

Nella zona industriale di Porto Torres, il progetto più complesso è quello della famosa collina dei veleni di “Minciaredda”. L’ipotesi di intervento è di circa 120 milioni di euro. La Syndial ha attivato un concorso di idee, 12 le proposte presentate, poi ridotte a 6 e quindi a 3. Entro la fine dell’anno il progetto dovrebbe essere definito e presentato alle istituzioni locali. Le operazioni dovrebbero andare avanti per una quindicina d’anni: respinta l’ipotesi iniziale di una «tombatura» della discarica. Simone Maulu, dirigente dell’Irs, il movimento che aveva denunciato in maniera clamorosa la situazione di Minciaredda, parte dall’idea che «le bonifiche sono una priorità improcrastinabile, devono avere un corso urgente e svincolato dalle dinamiche della chimica verde. Ed è proprio con le bonifiche che si restituisce al territorio il vero impatto sull’occupazione». Dopo le catastrofi degli ultimi decenni, non c’è fiducia in chi ha inquinato, andando avanti incontrastato: «Noi chiediamo che venga costituito un organismo (lo chiamino Osservatorio o Comitato di garanti con all’interno una rappresentanza dei cittadini) – dice Maulu – che segua e controlli tutte le fasi, per evitare che il controllore sia allo stesso tempo il controllato, come è avvenuto finora».

Le caratterizzazioni delle aree inquinate, a Porto Torres sono state eseguite tra il 2004 e il 2006, le contaminazioni accertate riguardano soprattutto metalli pesanti e idrocarburi, anche nelle acque di falda, con una “grave contaminazione”. Anche per questo occorre fare in fretta. Finora i piani di Syndial hanno riguardato la messa in sicurezza per le situazioni di emergenza, accertamenti e analisi. Per il 60 per cento delle aree interessate sono stati presentati i progetti di bonifica.

«Per le falde – sottolinea il sindaco Scarpa – c’è già un decreto ministeriale che risale al 2011. Consente di trattare 500 metri cubi l’ora, è l’unico approvato in Italia. Il costo dell’operazione supera i 120 milioni di euro. C’è stata, nel frattempo, una variante, per inserire il depuratore dell’Asi, che ha rallentato la procedura. Se entro settembre il progetto non verrà approvato, chiederemo all’Eni di andare avanti con quello originario, senza perdere altro tempo».

Sulla darsena dei veleni, invece, dopo la presenza accertata del benzene e l’inchiesta della magistratura, l’ordinanza del sindaco è stata sospesa per consentire tutti gli accertamenti giudiziari. «Ricordo che noi siamo parte civile in quel procedimento», conclude Scarpa. Dopo lo scampato pericolo del “decreto del fare” (emendato alla Camera, nella parte che ordinava le bonifiche solo se economicamente sostenibili), Porto Torres torna a puntare con decisione su una battaglia che può anche consentire di tracciare un nuovo modello di sviluppo.

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