La Nuova Sardegna

Il miele migliore arriva dalle miniere

di Luciano Onnis
Il miele migliore arriva dalle miniere

Guspini e Arbus, campioni per qualità e quantità, cominciano a puntare sull’apicoltura

21 aprile 2014
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GUSPINI. Dalle aree minerarie dismesse dell’Arburese-Guspinese la migliore produzione, per qualità e quantità, di miele sardo. C’è solo l’imbarazzo della scelta: ai più diffusi asfodelo, corbezzolo e millefiori, si aggiungono quelli più esclusivi di mirto, rovo, rosmarino, erica e cardo selvatico. Ad Arbus e Guspini, dove la produzione è sempre più diffusa da quando si è capito che le api trovano nel territorio un habitat ideale e che questo può dar luogo a un interessante ritorno economico, si aggiunge San Sperate, in Campidano, che per via della sua forte connotazione agrumicola si caratterizza prevalentemente nella varietà “arancio”.

Tutti e tre i comuni isolani fanno parte dell’associazione nazionale “Città del miele”, che annovera una cinquantina di paesi e territori in cui la produzione del miele è di assoluto rilievo. Ma è tutta la Sardegna a poter essere considerata una fabbrica naturale di miele, e sempre di qualità.

Nella edizione 2012 della rassegna nazionale “Il miele del sindaco”, tenutasi a Lazise in provincia di Verona a settembre, il premio “Il miele dell’anno” era stato attribuito da una giuria tecnica a Guspini, centro che si era iscritto al concorso con il miele di cardo selvatico prodotto dall’apicoltore Gabriele Virdis.

Successo bissato l’anno scorso con il miele di “lavandula stoechas” prodotto dall’Ente foreste e parchi della Sardegna sulle colline di Oschiri e presentato al concorso sempre da Guspini, membro dell’associazione “Città del miele”. «La Sardegna intera è una straordinaria fabbrica di miele, la prima in assoluto in Italia, dove peraltro la produzione di qualità è molto diffusa in quasi tutto il territorio nazionale – dice Piergiorgio Greco, portavoce dell’associazione Città del miele -, ma posso dire con cognizione di causa che il miele sardo è unico. Quello di corbezzolo, poi, non ha paragoni. Le condizioni climatiche sono ideali per le api, che godono delle varie biodiversità diffuse nell’isola. La macchia mediterranea, presente anche nelle altre regioni fronte mare, merita di essere annoverata nel patrimonio dell’Unesco. La nostra associazione si sta muovendo proprio per questo riconoscimento».

Con l’arrivo della primavera, grazie all’esplosione delle varie fioriture, le api riprendono appieno il loro ciclo vitale e gli apicoltori intensificano il loro lavoro.

«La Sardegna – sostiene ancora Piergiorgio Greco – rappresenta uno straordinario esempio di alleanza fra uomo, api e natura. L’apicoltura sta prendendo piede ovunque, territori come Arbus e Guspini stanno diventando fabbriche a cielo aperto di questo prodotto. Tutto di grande qualità, difficile dire qual è il migliore». Api, sia operaie che regine, possono essere una prospettiva economica per un territorio ancora lacerato dalle attività estrattive. Ma anche sentinelle dell’ambiente.

Il dipartimento di protezione delle piante dell’Università di Sassari, con una équipe di ri-cercatori guidata dal guspinese Ignazio Floris, ha effettuato per due anni un monitoraggio con oltre 30 mila determinazioni tassonomiche utilizzando proprio le api, presenti in numero eccezionale nelle aree minerarie di Montevecchio e Ingurtosu.

Lo studio ha evidenziato che proprio le api, come le cozze in mare, sono le migliori rivelatrici della presenza di fonti di inquinamento ambientale.

Conforta la loro crescente proliferazione nelle aree ex minerarie: significa che l’ecosistema, nonostante le ferite ancora aperte delle miniere, è sano.

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