La Nuova Sardegna

Loi resta unico indagato, perizia sull’imbarcazione

di Mauro Lissia
Loi resta unico indagato, perizia sull’imbarcazione

La bimba uccisa a Santa Margherita di Pula, domani l’incarico a un ingegnere Il pm Pili sentirà anche i bagnanti che si trovavano il 7 luglio sulla spiaggia

14 luglio 2015
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CAGLIARI. Le ricostruzioni dei testimoni non coincidono, girano versioni diverse sull’incidente di Santa Margherita di Pula che è costato la vita alla piccola Letizia Trudu. Il pm Sandro Pili andrà avanti con le audizioni ancora oggi e domani, sentirà anche le persone che affollavano la spiaggia e che hanno visto il Thor II, il potente motoscafo pilotato da Maurizio Loi, avvicinarsi alla battiglia e compiere una rotazione di 180 gradi, come faceva ogni mattina per mettere i passeggeri in condizione di raggiungere agevolmente la riva. E’ un lavoro complesso, quello della Procura e dei carabinieri: c’è da sfrondare i fatti dalla ridda di voci, illazioni, mezze verità che affollano i dialoghi estivi cagliaritani e i social network. Per adesso il solo indagato è Loi: conduceva lo yacht, aveva l’obbligo non solo morale di tenere a bada ogni movimento a bordo, soprattutto la fase dello sbarco. C’è un dettaglio che pesa sulle prospettive dell’inchiesta per omicidio colposo: quando Maurizio Loi è sceso dal motoscafo affiancato dai militari dell’Arma, visibilmente sconvolto, ha risposto a una domanda di una cronista televisiva con una frase sola, ma significativa. Ha detto: «Mi hanno dato il via». La sola interpretazione possibile è questa: Loi ha riacceso il motore oppure ha dato gas quando qualcuno dei passeggeri gli ha «dato il via». Dargli il via sarebbe stato un modo sbrigativo di comunicargli che lo sbarco era avvenuto, che poteva stare tranquillo. Loi si sarebbe fidato, commettendo un errore imperdonabile. D’altronde il centro dell’indagine sta proprio qui, in quei pochi secondi in cui la piccola Letizia si è tuffata «a chiodo» ed è finita vicinissimo all’elica della barca, che era in movimento. L’errore fatale è stato quello, gettarsi in acqua con la barca in movimento? Oppure, ipotesi numero due: Andrea Trudu e le due figlie, insieme ad altri ragazzi, erano già in acqua e il vento oppure una manovra sbagliata ha portato il Thor II all’indietro, proprio addosso alla bambina che era rimasta vicino allo scafo e quindi alle eliche. Questa circostanza troverebbe conferma nel racconto - pubblicato dalla Nuova Sardegna - di Nicolas Caruso, uno dei 14 giovani che si trovavano a bordo: ha riferito di aver sentito le urla di una ragazza che si era buttata in acqua, impaurita dal fatto che la barca si stesse muovendo verso di lei.

Non sarà facile ricostruire la dinamica precisa dell’incidente. Domani alle 16 il pm Pili conferirà l’incarico al perito Marco Mureddu, un ingegnere esperto di nautica che dovrà dare risposta a una serie di quesiti. Compito non facile, perché dovrà stabilire se il motore era acceso quando Trudu e le figlie si sono buttati in acqua e quali sono stati i movimenti del Thor II prima e dopo l’incidente. Alle operazioni peritali potranno partecipare il difensore di Loi, l’avvocato Leonardo Filippi, e i legali incaricati dalla madre di Letizia e dal padre, ad oggi parte offesa. Nel frattempo gli accertamenti andranno avanti. Restano alcuni aspetti da chiarire: perché il pilota del Thor II, concluso il vano soccorso alla bimba, ha raggiunto via mare la fidanzata al vicino Forte Village? E il suo era un lavoro da skipper professionista o lo faceva per divertimento? Non sono dettagli irrilevanti, perché modificherebbero la sua posizione.

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