La Nuova Sardegna

Le lacrime di Adele in “25” sono una piccola rivoluzione

di Paolo Curreli
Le lacrime di Adele in “25” sono una piccola rivoluzione

Successo planetario per la regina del pop, ma lei nega lo streaming del cd

01 dicembre 2015
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Uscito il 20 novembre l’album “25” conferma la cantante inglese Adele regina incontrastata del pop. Come i precedenti “19” e “21” il titolo dell’album marca l’età della vita in cui l’artista ha concepito i suoi lavori. Un disco romantico, con una grande anima soul che ha rapito il pubblico con le sue undici canzoni praticamente perfette. Tra tutte pezzi da antologia come “I Miss You” e “Send my love (To my new Lover)” che saranno presto dei classici. Con oltre tre milioni di cd venduti nella prima settima solo in Usa Adele supera un record che non si vedeva dal 1991.

Numeri da secolo scorso quando il mercato della musica non aveva ancora subito il terremoto di Napster e la rete non era il giudice che poteva decidere il successo di un artista e il prezzo a con cui il suo lavoro poteva essere venduto. I media ne hanno registrato il successo confermando la notorietà globale di Adele, come hanno diffuso la scelta della cantante di non permettere ai giganti dello streaming Spotify e Apple Music di rendere disponibile il suo nuovo album. Le due piattaforme danno agli utenti la possibilità di scegliere direttamente quali brani ascoltare con un semplice click e questo impone degli accordi molto specifici con gli artisti a cui rimane però la libertà di decidere la strategia di promozione del loro lavoro. Anche You Tube è continuamente monitorato e ogni canzone caricata illegalmente da “25” viene rimossa.

È ovvio che il peso del nome influenza il potere contrattuale, la celebrità assicura comunque un numero di vendite alto senza bisogno dell’apporto delle piattaforme di streaming. Oltre ad Adele è stato il caso anche di Taylor Swift che ha negato la possibilità di ascoltare la sua musica gratis, condita dalla pubblicità, o “pulita” pagando un abbonamento mensile.

Ma oltre i meccanismi di marketing, le strategie delle vendite di un mercato che pareva destinato al tracollo per effetto della pirateria e dei bassi guadagni che venivano riconosciuti agli artisti, la scelta di Adele sembra apra le porte ad altre riflessioni. Adele ha, prima di tutto, scelto di non smontare il suo lavoro, di non dividere il racconto struggente degli amori finiti – e di quelli che non finiscono come quello per il proprio figlio in “Hello”–. Adele ha voluto riproporre quello che, una volta, si chiamava “concept”. «Un secchio di lacrime» ha definito il Washington Post il disco della ragazza britannica, sottolineando i temi e glissando sulle sue capacità musicali e interpretative. In qualche modo un “secchio di lacrime” che è anche una rivoluzione in un mondo che sembra prediligere la facilità del modo di consumare alla qualità del prodotto che si consuma, un cambiamento che sembra voler riportare al centro di tutto il lavoro organico e la sua qualità. Sembra un granello di sabbia nell'oliato meccanismo del “tutto subito a portata di click”; un consumo rapido che si misura in attimi di accesso al mercato sempre aperto della rete.

E se il lavoro, e il pensiero che c’è dietro, spinge a mettere mano al portafoglio per acquistare il cd significa che ne seguirà un ascolto meditato? Probabilmente sì.

E se estendessimo lo stesso ragionamento ad altre offerte della rete? All’informazione per esempio, potrebbe saltare fuori – contraddicendo i pessimisti apocalittici – che esiste un pubblico disposto a cercare di più, oltre l’enorme disponibilità di notizie frammentate, rubacchiate o scientemente falsificate che offre il web, un pubblico che, come per “25”, sarebbe disposto a mettere mano al portafoglio per accedere alla qualità.

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