Nell’isola scoppia la guerra dell’aragosta
La marineria di Alghero avrà 15 giorni di pesca in più, ma Porto Torres e Stintino criticano la decisione dell’assessore
SASSARI. Niente pesca all’aragosta nell’area marina protetta del parco nazionale dell’Asinara. Lo ha deciso il sindaco di Stintino, e vice presidente del Parco, Antonio Diana. Che ha risposto per la rime all’entrata a gamba tesa della Regione. Con l’assessore dell'Agricoltura Elisabetta Falchi che, con una certa sorpresa del migliaio abbondante di addetti ai lavori, l’altro ieri ha ceduto al pressing algherese, concedendo 15 giorni di proroga per la cattura del prelibato crostaceo, e promettendo di rimettere le mani entro la fine dell’anno, al calendario ittico.
Una vittoria che Giovanni Delrio, presidente della “Banchina Millelire” che rappresenta 57 imbarcazioni che sono la quasi totalità delle aziende catalane e parte significativa dei 350 equipaggi che nell’Isola si dedicano esclusivamente alla pesca all’aragosta in mare con reti e nasse (se si contano i “palamitari” quelli che fanno strascico e i frequentatori delle acque interne si sale a oltre mille), incassa con malcelata soddisfazione. «Beh, si tratta solo di un primo passo. E anche gli altri capiranno che è un bene per tutti. Ma il nostro obiettivo rimane un altro: l’allineamento alla normativa nazionale e a quella degli altri paesi mediterranei, che prevede 8 mesi di apertura da maggio a dicembre».
«Sarebbe una sciagura – tuona Diana, che dopo aver spedito una cortese quanto ferma lettera all’assessora, dismette i panni di sindaco e indossa quelli più comodi da pescatore. Non solo la pesca va fermata durante il ciclo riproduttivo, ma è necessaria una importante attività di ripopolamento. I pescatori lo hanno capito, e sono state le marinerie di Stintino e Porto Torres a chiedermi il blocco. E con loro sono d’accordo tutti, tranne Alghero».
Una spaccatura che va avanti da anni. Con i due blocchi in realtà meno granitici di quanto li si vorrebbe presentare. Ragioni e numeri che si mischiano. E mezza Isola (da Bosa in giù) che clamorosamente sulla faccenda non ha mai aperto bocca.
Le parole non mancano certo invece a Antonio Impagliazzo,presidente della cooperativa pescatori Longonsardo di Santa Teresa. Otto barche, 74 anni di età e oltre 50 di mare. E «contento che a settembre ci si fermi, perché nei primi anni ’80, prima di darci delle regole, stavamo distruggendo tutto. E ora invece le cose vano meglio. Pescare a settembre? Criminale. E non dicano che le aragoste con le uova le ributtano. Una bella “pettinata” e le uova non ci sono più. E poi i pescatori vanno a prenderle proprio dove si spostano per deporre le uova, non stiamo a raccontare frottole».
Sulla stessa linea Benedetto Sechi, presidente del Gruppo di azione costiera Nord Sardegna: non si aiutano i pescatori aumentando lo sforzo di pesca – spiega – ma mettendo in campo misure socio economiche di tutela. O altre aperture, ad esempio sulla pesca del tonno. Meglio quindi che la Regione non faccia fughe in avanti come questa, soprattutto senza sentire i pescatori, che si dimostrano più maturi dei politici, e hanno capito che bloccare la pesca all’aragosta vuol dire mettere in banca il proprio futuro».
«La verità – replica Delrio – è che le regole ci sono e vanno rispettate. Tutto l’anno. E Alghero, che dopo secoli di pesca ha ancora 50 barche in mare, non tiene al suo ambiente meno degli altri. Semplicemente è l’unica località ad avere richieste dai ristoratori in bassa stagione. Altri preferiscono tenere le barche a secco e far salire i prezzi».
Difficile distribuire torti e ragioni. Certo le regole diverse nel resto del Mediterraneo poco tutelano il pescato locale, che, a barche ferme, presto viene soppiantato nei ristoranti da crostacei siciliani, francesi, se non cubani. E le imprese, che compreso l’indotto occupano svariate migliaia di persone, sono in evidente crisi, e per loro due mesi in più di attività in alta stagione, sarebbero, almeno nell’immediato, ossigeno puro. D’altra parte lo stock ittico è in forte calo, tutelarlo è una priorità assoluta e il settore pesca potrebbe trovare in altre e più coraggiose aperture soluzioni ai suoi problemi.