La Nuova Sardegna

Le strade della Malvasia il vino del Mediterraneo

di Claudio Zoccheddu
Le strade della Malvasia il vino del Mediterraneo

Le bizze del meteo preoccupano i produttori: troppa pioggia, quantità in calo Un simposio ad Alghero per approfondire i progressi della ricerca scientifica

19 agosto 2018
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SASSARI. C’è una grande incognita nel futuro prossimo della Malvasia. Le bizze di un meteo particolarmente instabile non hanno permesso ai produttori di fare una stima attendibile sulla quantità di uva che verrà vendemmiata. Tra l’incertezza che domina sui vigneti c’è però un aspetto che tranquillizza i produttori: la qualità della Malvasia sarà ottima. In ogni caso, i numeri sono un argomento che ritornerà d’attualità tra qualche settimana, quando la vendemmia entrerà nel vivo anche per il vitigno diffuso soprattutto nei pendii della Planargia e nel Cagliaritano. Prima c’è un appuntamento da non mancare per chi ama il vino e per chi lo produce: il 7 e l’8 settembre ad Alghero andrà in scena il sesto simposio internazionale “Malvasie nel bacino del Mediterraneo”, organizzato da Laore e dall’Accademia del vino e della vite. IL programma della due giorni prevede incontri scientifici, visite e degustazioni fra vigneti e cantine del territorio di Bosa, località inclusa in una delle due Dop della Sardegna, “Malvasia di Bosa” e “Cagliari Malvasia”.

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Il simposio. «Sarà diviso in due fasi – spiega Angelo Angioi, presidente dell’associazione “Strade della Malvasia” –, una congressuale che si terrà ad Alghero e un’altra dedicata alle visite sul territorio dove avviene la produzione. Si tratta di un appuntamento importante soprattutto per i produttori, perlomeno per quanto riguarda la prima parte del programma in cui verranno approfonditi i progressi della ricerca scientifica applicata alla vinificazione di questo particolare vino. Ma c’è anche un parte del programma meno impegnativa, dedicata alla scoperta delle terre della malvasia che prevede degustazioni e approfondimenti sul territorio». La prova sul campo è prevista in Planargia, tra le cantine di Bosa e i vigneti di Magomadas: «Venerdì 7 saremo sui percorsi della Malvasia nel centro storico di Bosa, dove è prevista una visita alla sala degustazione della cantina Columbu ma anche una passeggiata fino al castello dei Malaspina, dove ci saranno gli stand delle Malvasie che faranno da aperitivo alla cena di gala prevista in nottata – aggiunge Angioi».

Il giorno dopo sarà la volta delle visita alle vigne di Magomadas che si concluderanno con un cooking show dedicato ai migliori accompagnamenti culinari. I percorsi del vino saranno seguite dalla troupe del programma televisivo della Rai, Geo, che sta realizzando un approfondimento, diviso in tre puntate, proprio sulle malvasie. Le luci della ribalta saranno anche una piccola consolazione per chi, in questi giorni, sta combattendo con la peronospera, particolarmente aggressiva nell’estate del 2018 e con le difficoltà causate dalla pioggia: «Per quanto mi riguarda rischio di perdere il 30 percento della produzione – spiega ancora Angelo Angioi – per colpa delle piogge molto abbondanti che, in alcuni giorni, non mi hanno permesso nemmeno di accedere ai vigneti, letteralmente allagati. Per fortuna la maturazione dell’uva che sono riuscito a salvare procedere senza intoppi e sembra leggermente in anticipo».

Il vitigno. La storia delle malvasie è un racconto che abbraccia praticamente tutto il Mediterraneo. Difficile stabilire con precisione la storia della Malvasia nell’isola. Sino a poco tempo si pensava che fossero stati i monaci bizantini a introdurre il vitigno nell’isola, probabilmente per accompagnare le funzioni religiose. Recenti scoperte archeologiche, però, avrebbero spostato la cronologia dell’avvento parecchi secoli prima perché nel sito nuragico di Sa Osa, tra Cabras e Oristano, l'équipe archeobotanica del Centro conservazione biodiversità, guidata dal professor Gianluigi Bacchetta, ha rinvenuto semi di vite di epoca nuragica risalenti a circa 3000 anni fa.

Tra i semi anche gli antenati della moderna Malvasia e della Vernaccia che hanno fatto pensare a uno sviluppo autoctono dei vitgno. Resta comunque in piedi l’ipotesi che la Malvasia fosse originaria della regione greca del Peloponneso, perlomeno nella sua variante più vicina alla modernità. A diffonderla, poi, sarebbero stati i mercanti veneziani che ne avrebbero anche coniato il nome mutando quello del porto greco di Monemvasia proprio nel Peloponneso. IL futuro del vino Malvasia, invece, è tutto da scrivere e si potrebbe iniziare proprio dal simposio di Settembre.
 

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