La Nuova Sardegna

Il suicidio di Michela due portotorresi dal gup

di Daniela Scano
Il suicidio di Michela due portotorresi dal gup

Il 27 febbraio udienza a Tempio per decidere sul rinvio a giudizio

14 settembre 2018
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SASSARI. C’è la richiesta di rinvio a giudizio e adesso c’è anche la data della udienza preliminare. Sarà un giudice dell’udienza preliminare a decidere se il suicidio di Michela Deriu, ventiduenne di Porto Torres morta il 4 novembre del 2017 nella casa di un’amica a La Maddalena, deve essere scandagliato durante un processo ai presunti responsabili della sua disperazione. Il 27 febbraio 2019, i portotorresi Mirko Campus, 24 anni; e Roberto Perantoni, di 29, si presenteranno in tribunale a Tempio Pausania per difendersi dall’accusa di avere diffamato la giovane concittadina e avere in questo modo provocato, pur senza volere l’epilogo tragico, i sentimenti che la spinsero a togliersi la vita. La data dell’udienza preliminare è stata fissata ieri dal gup di Tempio ed è stata notificata in giornata alle parti. Paolo de Falco, procuratore della Repubblica facente funzioni, aveva presentato la richiesta di rinvio a giudizio il 16 agosto.

Mirko Campus e Roberto Perantoni, assistiti dagli avvocati Agostinangelo Marras e Sabina Piga, tra cinque mesi troveranno nell’aula delle udienze preliminari la sorella e i genitori di Michela Deriu. Gavino e Barbara, con la loro figlia maggiore Manuela, si faranno assistere dagli avvocati Arianna Denule e Gianni Falchi. La costituzione di parte civile da parte dei familiari della ventiduenne è quasi certa ma, come aveva annunciato nei giorni convulsi dopo la morte di Michela, la famiglia non commenta i passaggi della vicenda giudiziaria.

Quella per il suicidio di Michela Deriu è stata una inchiesta sotto i riflettori fin dalla scoperta, a casa dell’amica che la ospitava da qualche giorno, del cadavere della barista ventiduenne. L’inchiesta aveva scatenato morbosa curiosità nella opinione pubblica per il sospetto che Michela fosse stata spinta a suicidarsi dopo essere stata minacciata. Una ipotesi investigativa che, mentre gli accertamenti procedevano, ha lasciato il campo alla tesi accusatoria finale che disegna lo scenario tristissimo e squallido di una ragazza umiliata e diffamata dai suoi “amici”.

Due uomini di cui si era fidata e che invece, secondo le accuse, l’avrebbero sottoposta alla gogna mediatica di un video fatto durante un rapporto sessuale. La divulgazione di quelle immagini era stata una umiliazione intollerabile per la ragazza. Una denigrazione alimentata nelle piattaforme whatsapp al punto da spingere la ventiduenne a togliersi la vita nell’abitazione di un amica dove aveva cercato di sfuggire ai “fantasmi del passato” che la perseguitavano. Spettri dei quali parla nell’ultimo messaggio prima di uccidersi.

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