La Nuova Sardegna

L’omicidio di Manuel una ferita per la comunità

di ANTONIETTA MAZZETTE
L’omicidio di Manuel una ferita per la comunità

La morte violenta e prematura del diciottenne ha causato altre vittime Le anomalie: il gruppo di assassini, tutti giovanissimi, e un debito come movente

22 novembre 2018
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Nel primo quinquennio i casi individuati sono stati 293 e hanno coinvolto circa il 37% dei comuni sardi (139 su 377); nel secondo, gli omicidi (tentati e consumati) sono stati 313 e hanno interessato 117 comuni, il 31% sul totale. In entrambi i quinquenni alcuni comuni di piccole dimensioni si collocano stabilmente tra i primi per tasso di omicidi su 10.000 abitanti. Al di là di queste differenze, il reato di omicidio (tentato e consumato) si concentra stabilmente nella zona centro orientale dell’Isola, anche se nel secondo quinquennio abbiamo registrato un’iniziale estensione del fenomeno all’area del Sulcis-Iglesiente, storicamente marginale rispetto ai fatti più importanti di violenza. Nell’anno in corso, fino ad oggi, l’Osservatorio ha censito dodici casi di omicidio consumati (di cui quattro stranieri e tre donne).

Chi sono le vittime? Sono prevalentemente uomini (62% dei casi), anche se la percentuale di donne vittime di omicidio è altamente significativa (38%), sono occupati (62%) o pensionati (32%). Nella maggior parte dei casi si tratta di omicidi compiuti da autori singoli, infatti, limitatamente agli anni 2016/2017, abbiamo registrato solo tre omicidi compiuti da più autori: un delitto nato, per così dire, su Facebook e poi compiuto sotto i portici del palazzo della vittima; un delitto consumato nell’abitazione della vittima a Cagliari; un duplice delitto compiuto davanti all’azienda di proprietà delle vittime a Fordongianus. La pubblica via, l’abitazione e l’azienda agricola sono le tipologie dei luoghi dove si verificano gran parte degli omicidi.

Quello di Manuel Careddu presenta alcune anomalie rispetto alla casistica generale. Anzitutto, il numero delle persone coinvolte: un gruppo di amici, tutti molto giovani (di cui due minorenni) e tra questi una ragazza diciassettenne. In secondo luogo, il presunto movente tipicamente urbano: un debito (sembrerebbe di 500 euro) della ragazza nei confronti della vittima per motivi legati allo spaccio di droga. In terzo luogo, l’attenta pianificazione dell’omicidio: il ragazzo, con la promessa di riavere i denari, viene condotto in auto sulle sponde del lago e lì ucciso in modo efferato.

Come ben si sa, il delitto verrà scoperto a diversi giorni dalla scomparsa di Manuel perché le forze dell’ordine avevano sottoposto a intercettazione ambientale l’auto utilizzata, di proprietà della famiglia di uno dei ragazzi.

Al di là delle statistiche e di una “fredda” analisi, la morte violenta e prematura di Manuel ha creato altre vittime, la madre anzitutto, ma anche le comunità di appartenenza (della vittima e degli autori) che sono state ferite da questo atto vile.

Tali ferite si possono sanare? Difficile saperlo, anche perché la condizione di vittima, una volta acquisita, è immodificabile. Saranno il tempo, il dialogo tra le diverse componenti e le eventuali pratiche riparatorie a dare una risposta. Ma bisogna essere consapevoli di due elementi: 1) la violenza ha molte facce, a partire da quelle verbali che, se anonime, ne possono accrescere il livello, fino alla forma più estrema, l’omicidio; 2) le risposte alla violenza devono essere collettive. Sotto questo profilo, l’iniziativa del Procuratore e del Comandante dei carabinieri di parlare agli studenti è un buon inizio.

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