La Nuova Sardegna

«Il petrolio dai terroristi» Saras nella lente della Dda

di Mauro Lissia
«Il petrolio dai terroristi» Saras nella lente della Dda

Avrebbe ricevuto greggio a prezzi ribassati dall’Isis. L’azienda: è tutto falso 

09 ottobre 2020
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Un’ipotesi di frode fiscale da 130 milioni, pagamenti per 60 milioni che attraverso società di trading potrebbero essere finiti nelle tasche dell’Isis, il temibile stato islamico, in cambio di petrolio offerto a condizioni economiche estremamente vantaggiose in un quadro, ancora tutto da verificare, che integrerebbe i reati di riciclaggio e falso. Aperta cinque anni fa dopo una segnalazione alla Procura cagliaritana dell’Agenzia delle dogane, l’inchiesta della Direzione distrettuale antiterrorismo (Ddat) è deflagrata il 30 settembre con l’iscrizione al registro degli indagati del direttore finanziario Franco Balsamo e del capo ufficio commerciale Marco Schiavetti, seguita dalla perquisizione degli uffici Saras di Sarroch e di Milano. Diciotto quintali di documenti sono stati trasferiti al palazzo di giustizia ed ora sono all’esame degli inquirenti mentre la notizia del nuovo atto d’indagine, anticipata da Repubblica, ha sollevato un grande clamore sui mercati finanziari e un ribasso del titolo Saras. Chiusi nel più assoluto riserbo i magistrati titolari dell’inchiesta Guido Pani e Danilo Tronci, è stata la procuratrice della Repubblica Alessandra Pelagatti a confermare ieri mattina ai cronisti la serie di perquisizioni, precisando che la Procura procede per i reati di riciclaggio, falso e frode fiscale ma che al momento nessun elemento prova che la storica azienda controllata per il 40 per cento della famiglia Moratti abbia finanziato l’attività terroristica dell’Isis e quindi la Jihad. L’ipotesi investigativa («è tutto aperto, nessuna conclusione» ha insistito la procuratrice) è che tra il 2015 e il 2016 - come riporta il decreto di perquisizione - siano approdate a Sarroch 25 navi cariche di oli minerali (12 milioni di tonnellate), petrolio che anziché seguire il percorso autorizzato dai paesi produttori attraverso la Turchia sarebbe partito dai pozzi controllati dallo stato islamico e transitato nell’Iraq del nord per poi arrivare in Sardegna. Grazie a questo acquisto di contrabbando Saras avrebbe realizzato un risparmio colossale - 130 milioni - sul prezzo di mercato: «L’origine del prodotto - scrive la Ddat - risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficiali». Ma si tratta di petrolio venduto dall’Isis? Su questa domanda ruota il perno principale dell’inchiesta: come ha spiegato la procuratrice Pelagatti non è chiaro se all’epoca delle operazioni di compravendita e di trasporto del petrolio i pozzi d’origine del greggio si trovassero in territorio iracheno e operassero con l’autorizzazione del governo regolare, oppure se fossero nelle mani dell’Isis. I documenti doganali nelle mani della Procura - integrati dagli atti acquisiti negli uffici Saras - dimostrano solo che a mettere in mare le partite di petrolio è stata la Petraco Oil Company, con sede a Londra e uffici operativi a Lugano. Sarebbe stata sempre questa società ad acquistare la materia prima dalla Edgewaters Falls, una società con sede alle Isole Vergini, che a sua volta l’aveva comprata in Iraq. Qui il percorso si ferma: la Procura non sa quale fosse l’origine del carico. La certezza - secondo la Ddat - è che Edgewater è solo «una società di comodo» controllata da Petraco. L’ipotesi collegata è che il carico di greggio non sia passato per il canale autorizzato e trasparente della Turchia ma sia partito dall’Iraq per mano dei Curdi e subito dopo dei terroristi di Daesh. Altri elementi d’indagine considerati importanti dalla Procura sono i pagamenti disposti da Saras, si parla di decine di miliardi, sui quali dovrà essere fatta chiarezza. Nel provvedimento di perquisizione si fa riferimento a un versamento di 4 miliardi al governo federale curdo, che dimostrerebbe la provenienza del greggio. Denaro che però è tornato in parte indietro, segno che l’operazione presentava anomalie. Secondo la Procura la restituzione dei soldi potrebbe dimostrare che il petrolio destinato alla Saras non era più proprietà curda ma dell’Isis. E se Saras fosse stata consapevole di questo passaggio il sospetto che Sarroch abbia finanziato lo stato islamico acquisterebbe sostanza.



In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative