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Il dibattito

«Non c’è solo un’isola per ricchi, serve più qualità a tutti i livelli»

di Roberto Petretto
«Non c’è solo un’isola per ricchi, serve più qualità a tutti i livelli»

Paolo Manca (Federalberghi) commenta le parole dell’assessore Cuccureddu: «Il turismo migliori la propria offerta. E per programmare serve un nuovo Esit»

13 aprile 2024
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Sassari La Sardegna come meta truristica dorata, agognata da ricchi di tutto il mondo pronti a spendere 100 euro per una pizza? Al nuovo ’assessore regionale al Turismo, Franco Cuccureddu, l’idea piace e ha espressa questa sua convinzione nell’intervista di ieri a La Nuova Sardegna. Per gli operatori del settore il concetto va declinato meglio. «Vogliamo solo ricchi? Il ragionamento di fondo lo capisco, ma forse ci siamo espressi un po’ male». Paolo Manca, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Federalberghi sorride quando gli si chiede un commento alle parole dell’assessore regionale al Turismo, Franco Cuccureddu: «Siano benedette le persone che sprecano i propri soldi e li danno ai sardi». Messa da parte l’ironia, si passa all’analisi: meglio puntare al turismo “ricco” per far crescere il Pil, senza stare troppo a pensare ai record di arrivi in porti e aeroporti? «Il ragionamento da fare è un altro - obietta Manca -. È vero che bisogna puntare su un turismo di qualità, ma il turismo di qualità non è solo nei 5 stelle. Qualità significa che per ogni livello, siano campeggi, appartamenti, b&b, alberghi a due, tre, quattro e cinque stelle si deve migliorare ciò che si offre al cliente. Nel mercato del turismo non tutti vogliono il lusso, il glamour, il villaggio con l’animazione o viceversa il boutique hotel. La Sardegna deve puntare qualità su ogni livello di scelta».

Insomma, un discorso globale, complessivo, che dovrebbe riguardare tutto il sistema, non solo gli hotel: «Il 5 stelle non necessariamente è più bello del 3. Serve qualità nelle seconde case, negli appartamenti. Poi, certo, io gioco la partita con l’ospitalità organizzata, dove l’imprenditore ci mette la faccia e non si limita a affittare metri quadri. C’è una differenza: noi forniamo un servizio, da noi c’è qualcuno che ti accoglie, che risolve eventuali problemi, che cerca di rispondere alle esigenze del cliente. Loro ti dicono: vai a dormire lì. Ma dobbiamo puntare tutti sull’alta qualità. Per tutte le tipologie di cliente».

Qui ritorna a galla una polemica della scorsa estate tra Federalberghi e l’allora assessore al turismo Gianni Chessa che invitava gli albergatori ad abbassare i prezzi per avere più presenze nelle loro strutture: «Per fare questo servizio, ci devono essere persone che lo forniscono. Per fare qualità con i costi dello staff si deve richiedere una cifra più alta rispetto a chi un servizio non lo offre. Ma questo non significa 5mila euro a notte. Le fornisco un dato, e non lo dico io, ma Nomisma: il prezzo medio a notte in Sardegna è di 86 euro».

Non solo strutture da mille e una notte, quindi: «Il lusso è un pezzo importantissimo del turismo in Sardegna, ma come i 4 stelle, come i villaggi e tutto il resto della filiera. Il ragionamento va esteso in ottica diversa. La qualità non esiste solo nei 5 stelle, anzi molto spesso l’aspettativa non viene rispettata».

Manca cita anche qualche dato che fa capire come il medio-alto livello abbia già una discreta rosa di opzioni: «In Sardegna abbiamo in tutto un migliaio di alberghi. Mentre nel resto d’Italia la percentuale di 4 e 5 stelle sul totale è del 20 per cento, in Sardegna è doppio: siamo al 40 per cento. Questo vuol dire che noi siamo già orientati verso questa qualificazione dell’offerta. Anche se, lo ripeto, il turismo di qualità non va confuso con il turismo di lusso».

Bisogna organizzare l’offerta in modo sempre più mirato: «Siamo a favore dei meccanismi di promozione turistica e di segmentazione. Tutti lo fanno, basta vedere come funzionano i motori di ricerca. Hotel per famiglie o per coppie? Boutique hotel o villaggio turistico? E poi ogni nazione ha preferenze diverse: chi cerca il culturale, chi l’enoturismo, chi lo sport. Per ognuna di queste cose bisogna offrire un prodotto di qualità che costerà un poco di più rispetto a un’altra destinazione, ma abbiamo la presunzione di farlo in un territorio superlativo che ci permette di puntare su un turista con una propensione di spesa maggiore per ciascun segmento. Anche nel settore dei campeggi, ne abbiamo di bellissimi, a 4 stelle. Ecco cosa dobbiamo fare: cercare di prendere il turista con maggiore capacità di spesa».

Un cambiamento più strutturale, invece, richiede tempo: «Non è possibile per noi investire in tempi brevissimi per avere una crescita esponenziale. Per questo dobbiamo massimizzare l’esistente e programmare lo sviluppo futuro. La strategia deve essere quella di incrementare la qualità in modo tale da permetterci di rimanere prima scelta».

È vero però che non c’è una sola Sardegna, ma territori che viaggiano a velocità diverse: «È vero, ci sono aree della Sardegna dove c’è tanto spazio per avere una maggiore offerta: penso all’Ogliastra, all’Oristanese, al Sulcis. E ci sono ancora margini per riqualificare l’offerta in territori dove c’è già una presenza importante. Perché bisogna mettersi in testa una cosa: il valore del turismo si sviluppa soprattutto dove l’ospite dorme in ospitalità gestita. Perché è l’ospitalità gestita che lavora per attrarre i flussi. Se non c’è crescita del meccanismo dell’offerta di ospitalità non si avrà ricaduta economica. Quindi servono meccanismi di investimento in alcune aree della Sardegna se vogliamo che anche in quelle aree il turismo diventi un driver».

Intanto ci dobbiamo tenere le differenti velocità del turismo sardo. Cosa si può fare in tema di promozione per cercare di avere una distribuzione più uniforme delle presenze? «Abbiamo Oristano vuota e San Teodoro con carichi antropici pazzeschi: il primo passo da fare è darsi un’organizzazione che metta insieme il sistema aeroportuale, la connessione con porti, la Regione e gli operatori. Serve un’agenzia per il turismo».

Vuole resuscitare l’Esit? «Rivisto con parametri moderni è quello che servirebbe: una macchina regionale con sezioni territoriali che devono aiutare gli operatori privati a programmare l’offerta del singolo territorio. Ma serve una regia regionale. A chi non ci conosce è più facile vendere la Sardegna nel suo complesso che pezzi di Sardegna. Anche perché si ha una destinazione facilmente identificabile, un’isola nel Mediterraneo, e perché si ha un’offerta eterogenea. Con tutti i prodotti che abbiamo possiamo soddisfare tutte le esigenze e a fidelizzare i clienti. Dobbiamo avere una destinazione turistica con tantissime sfaccettature. Specialmente all’estero c’è curiosità di vedere cose diverse: da noi le puoi proporre per diversi anni. Ecco, questo meccanismo deve essere applicato su scala regionale».

Federalberghi si propone già per incontrare la presidente Todde e l’assessore Cuccureddu: «Chiederemo di iniziare il lavoro di strutturazione dell’organizzazione di destinazione. Poi si dovrà passare all’elaborazione delle strategie per arrivare alla promozione, con cui comunicare al mercato quello che abbiamo».

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