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Allarme spopolamento

I racconti di chi abita a Nughedu San Nicolò: «Non si fanno più figli, noi per rimanere qui ci inventiamo il lavoro»

I racconti di chi abita a Nughedu San Nicolò: «Non si fanno più figli, noi per rimanere qui ci inventiamo il lavoro»

I nughedesi affezionati alla vita nel loro paese. Nella bottega artigiana: «Qui non mi annoio mai e vorrei trasmettere le mie conoscenze alle nuove generazioni»

24 maggio 2024
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Nughedu San Nicolò «La gente non fa figli, costa troppo al giorno d’oggi». Quando il signor Francesco Frau era ragazzino, quarant’anni fa o poco più, «eravamo sui 1300 abitanti». Adesso il conto si è dimezzato. «Ci sono tante coppie, ma tante coppie che non hanno fatto o che non faranno figli». E interviene il signor Luigino Piredda, che fino a quel momento aveva ascoltato in silenzio appoggiato al portone d’ingresso: «Ogni venti persone che muoiono, c’è una nascita. Ma forse anche meno. L’anno scorso ne è nato solo uno».

Sono quelle riflessioni campate un po’ aria a metà mattinata. Francesco è un artigiano, sta lavorando a una porta in legno in quella che sembra una falegnameria. «No – precisa –, non sono un falegname, sono un restauratore». Apprezzato pure oltre i confini comunali, anche Francesco da giovane ha fatto una scelta: rimanere nel suo paese. «Perché è un lavoro che amo fare e mi dà tante soddisfazioni. Qui non rischi mai di annoiarti», e si gira su se stesso in quelli che saranno venti metri quadri. «Sarei disposto a trasmettere le mie conoscenze ma quando lo dico a qualche giovane, non vuole». A giudicare dall’infisso su cui lavora, rifinito a nuovo, sembra un’attività logorante, «ma no, è artistica, apre la mente», e la risata più grande la tira fuori quando mostra un comò in legno di noce del 1800 su cui lavora volta per volta nei ritagli di tempo. Chissà da quanto tempo covava il desiderio di mostrarla a una faccia nuova. Il signor Luigino, «vai a vedere casa sua», sempre volta per volta, ha realizzato le pareti in pietra del suo soggiorno, a pochi metri dalla bottega di restauro. Un lavoro certosino e affascinante, col tempo si è sparsa la voce a Nughedu e ha fatto le stesse realizzazioni per altri.

Qui la gente ha voglia di parlare e di raccontarsi. E dietro l’angolo sono storie preziose, di persone che per un motivo o per un altro non hanno mai preso in considerazione l’idea di vivere altrove. E pur di rimanere a Nughedu San Nicolò, sono arrivati a inventarsi un mestiere. Che è quello che è successo a Valentina Culeddu. «Il mio sancta sanctorum» è oltre una tenda spalancata sulla strada. Dentro c’è un guazzabuglio di cornici, foto appese, oggettistica varia, la parete è una scenografia da teatro con un cielo stellato, poi scartoffie, una scrivania col computer e un divano. «La mia passione è la fotografia», pochi giorni prima era alla Cavalcata a Sassari, ma dietro le transenne perché senza pass. Per la passione che ci mette, l’avrebbe meritato («ho fatto 1270 scatti»). Oltre quello «mi invento un po’ di cose». Fornisce una serie di servizi che vanno dalla digitalizzazione delle foto alla realizzazione di immaginette plastificate, piccoli addobbi, oggetti. Tutto ciò che riguarda la creatività. «Non avevo la possibilità di muovermi e allora mi sono inventata il lavoro qui». È quasi commovente. (paolo ardovino)
 

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