La Nuova Sardegna

L’assalto ai portavalori, l’inchiesta

Gli autisti e la vedetta che dà il segnale e poi fa shopping: I RETROSCENA

di Silvia Sanna
Gli autisti e la vedetta che dà il segnale e poi fa shopping: I RETROSCENA

La banda dei sardi in Toscana, i ruoli e le telefonate: si cercano i complici

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Sassari La mattina del 28 marzo, giorno dell’assalto ai due furgoni portavalori lungo l’Aurelia, i telefoni personali degli 11 indagati sono attivi nella zona di Bastia Umbra, in provincia di Perugia. Ma solo uno di loro è lì: si tratta di Nicola Fois, il 33enne di Girasole che resta lì per costruire un alibi a se stesso e al resto del gruppo con cui era arrivato in nave della Sardegna. In quei giorni a Bastia Umbra c’era una fiera agricola e la banda era pronta a motivare la presenza in Toscana con la partecipazione a quell’evento. Per questo Fois il 28 marzo resta lì, ma è come un fantasma. Il suo cellulare “pulito”, è acceso ma inattivo, le chiamate sono solo in entrata. Le comunicazioni con il resto della banda infatti, avvengono attraverso i burner phone, cioé le schede con le utenze citofono. Che in quelle ore, a differenza dei telefoni ufficiali sono particolarmente vivaci. Tante chiamate, tutte localizzate nei paraggi di San Lorenzo, luogo della rapina. Una, della durata di appena 5 secondi, è registrata un minuto dopo l’uscita dei furgoni portavalori dalla sede della Battistolli. C’è una vedetta che osserva i movimenti e avvisa il resto della banda: è il momento di entrare in azione. Il gruppo è pronto, ognuno sa quello che deve fare, i compiti sono chiari e i ruoli ben definiti, in un copione ripassato più volte. Si parte, 16 minuti dopo quell’ultima telefonata.

Prima del blitz Chi è la vedetta? Si tratta di Salvatore Campus, il 50enne di Olzai. È uno dei tre che non ha partecipato materialmente all’assalto: gli altri due sono Nicola Fois (rimasto a Bastia Umbra) e Antonio Moni, l’unico residente in zona che farà da autista e offrirà anche il suo capannone come rifugio notturno. Gli altri 8, invece, sono tutti “sul campo”: distribuiti a bordo delle due auto precedentemente rubate (due Volvo) e della Tiguan sottratta al proprietario durante l’assalto. Gli otto sono Franco Piras, Francesco Palmas, Marco Sulis, Renzo Cherchi, Francesco Rocca, Alberto Mura, Giovanni Columbu, Salvatore Giovanni Antonio Tilocca. Ma come sono arrivati lì? Alcuni di loro in auto, due in taxi. Si tratta di Renzo Cherchi e Marco Sulis, che escono dall’hotel insieme a Fois e si fanno accompagnare sino dall’autista sino a Colle Val d’Elsa. Lì, in corrispondenza di una piazzola di sosta, scenderanno dal taxi e saliranno a bordo di un’utilitaria piccola e nera: Alla guida un uomo “di circa 60 anni, alto più o meno 1 metro e 70” riferirà il tassista, che caricherà i bagagli di Cherchi e Sulis. Chi è quell’uomo? Si tratta di Antonio Moni, che da quel momento sarà pienamente al servizio della banda per agevolare coperture e spostamenti. Nel frattempo, la vedetta Salvatore Campus è in posizione. A bordo della sua Mercedes raggiunge un’area commerciale, nei pressi di Cecina, e parcheggia in un punto che gli garantisce un’ottima visuale sulla strada Statale. Dove nel pomeriggio è atteso il passaggio dei blindati. Campus resterà all’interno dell’auto senza fare niente per circa tre ore. Nel frattempo, i complici sono entrati nell’area di cantiere della galleria San Carlo, hanno scassinato il lucchetto e parcheggiato all’interno i due mezzi che di lì a poco useranno per compiere l’assalto. Sarà un dipendente Anas a riferire, il giorno dopo il blitz, di avere trovato il lucchetto rotto e il cancello aperto.

Il blitz Sono le 18.01 quando i due blindati escono dalla sede dell’azienda e passano davanti agli occhi della vedetta Salvatore Campus. Alle 18.02 dall’utenza in uso a Campus parte una chiamata di 5 secondi. E’ il segnale, secondo gli inquirenti, la banda deve tenersi pronta perché è arrivato il momento di entrare in azione. Sedici minuti dopo inizia il blitz, gli spari, le sirene, le urla, la fuga. La vedetta è fuori dall’auto: Campus è entrato nel centro commerciale dove fa acquisti in un negozio di articoli sportivi. Lo scontrino è di 105 euro, servirà per spiegare - nel caso fosse necessario - la sua presenza nei pressi della sede della Battistolli.

La fuga La rapina è finita, la banda si dilegua. Ritornano in scena Fois e Moni. Il primo fa diversi viaggi avanti e indietro dall’hotel in Umbria per riportare gli altri. Antonio Moni ritorna sulla scena con la sua utilitaria nera e apre le porte del capannone a Castelnuovo Val di Cecina, un’ora di strada da San Lorenzo. Lì dormiranno Franco Piras e Francesco Palmas, che all’alba del 29 riceveranno la visita dei carabinieri, condotti al capannone dal gps attivo nell’auto rubata. In quei momenti concitati, i due perderanno il bigliettino con i numeri di telefono. Un errore grave, intorno al quale ruota tutta l’inchiesta. Che va avanti, si cercano altri componenti sinora rimasti nell’ombra.

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