Liste d’attesa, il piano Minerba: «Sistema da rivoluzionare. E stop all’esodo da Sassari a Cagliari per curarsi»
La riforma del Cup, parla il responsabile nominato dalla giunta Todde
Sassari In Sardegna, oggi, ammalarsi è solo l’inizio. Il vero calvario comincia quando provi a curarti. Le liste d’attesa sono diventate una frontiera invalicabile: per una risonanza magnetica a Sassari si parla di tredici, quattordici mesi. Un tempo in cui può succedere di tutto, tranne guarire. E allora chi può si sposta, si arrangia, si mette in auto all’alba e guida fino a Cagliari, sperando in un buco, in un esame, in una risposta che non arrivi quando ormai è troppo tardi. È in questo scenario logorato dal tempo e dall’inefficienza che la giunta Todde ha deciso di giocare una carta sola: un Responsabile unico dell’assistenza sanitaria, una figura centrale, con pieni poteri – almeno sulla carta – e un piccolo ufficio nell’assessorato. A dire sì, senza stipendio e senza rete di protezione, è stato Luigi Minerba. Sessantasette anni, docente di statistica sanitaria, ex direttore dell’area socio-sanitaria di Cagliari, uno che ha visto i meccanismi da dentro. E che ora deve provare a farli ripartire. Prima che salti tutto.
La Regione ha un quadro preciso delle risorse disponibili in tempo reale per abbattere le liste d’attesa? Cioè quanti macchinari diagnostici, personale medico che può schierare ogni giorno per far fronte alle prenotazioni? Avete pensato di fare un report preciso e aggiornato in modo da programmare l’offerta in maniera più mirata? A avete un monitoraggio sulle singole prestazioni richieste e sui tempi di attesa per ciascuna?
«Il sistema delle agende è obsoleto e va riscritto. Presente un puzzle? È come se dovesse comporlo senza avere una scatola con il disegno di riferimento. Al momento lo scenario è questo, si naviga a vista. Purtroppo manca l’abitudine a raccogliere e ad analizzare i dati. Ed è una cosa che le aziende sanitarie devono imparare a fare molto velocemente. I tempi sono molto stretti. A maggio è entrata in funzione la piattaforma sanitaria nazionale, e le regioni hanno 60 giorni di tempo per organizzare la propria piattaforma, dalla quale pescherà i dati la piattaforma nazionale. Giovedì scorso ho convocato tutti i commissari delle Asl, all’incontro ha partecipato anche la governatrice Todde».
Che tipo di dati avete chiesto? «Siamo stati molto chiari, ci aspettiamo dei report dettagliati e incisivi sulle prestazioni erogate, sulla disponibilità tecnologica e sulle risorse umane a disposizione. Quante agende aperte hai? Sono orientate alla prima visita? Quante sono organizzate sulla base delle classi di priorità? Si riesce a rispettare i tempi? Ci sono agende esclusive, in che misura? Dobbiamo confrontare una serie di dati strutturati e organizzati. Prendiamo le classi di priorità: carico il file del Cup, guardo le prenotazioni, le disdette, gli esami eseguiti. Ho un sistema che potenzialmente traccia ogni movimento che avviene nelle agende. Se riesco ad estrarre i dati dal cup, poi posso calcolare gli indici. Tipo: la percentuale di soggetti che ha prenotato fuori dalle classe di priorità. E cerco di raddrizzare il tiro. Ma mi servono informazioni precise, senza le quali è difficile mettere a punto una strategia per il governo delle liste d’attesa. Fateci caso: la maggior parte dei report sulla nostra sanità ce li danno gli altri. Un esempio recente è il dossier di Agenas sui pazienti sardi che rinunciano alle cura».
È possibile abbattere le liste d’attesa? «In questo momento no, e si tratta di un problema a livello nazionale. Si possono arginare, non azzerare. Perché è un’eterna rincorsa, mancano personale e dotazioni tecnologiche. Ma anche pensando di aumentare l’offerta delle prestazioni, il problema non verrebbe comunque risolto, perché la domanda saturerebbe immediatamente l’offerta. Le varie Asl hanno investito molto in prestazioni aggiuntive, anche se è difficile quantificare le risorse messe in campo. È un dato che non si conosce. Ma questa strategia non è funzionale all’abbattimento, e non migliora nemmeno i tempi di attesa. Perché io che ho una risonanza fissata a 100 giorni, e la mia asl offre altre 200 risonanze in più, il mio esame resta programmato comunque a 100 giorni. Magari ci saranno 200 pazienti che pescano il jolly e verranno molto prima di me. Invece quelle nuove disponibilità dovrebbero andare a chi ha già prenotato una visita molto in là con i tempi».
Nella nuova delibera si parla di una sanzione pari al ticket per chi non si presenta all’appuntamento. Questa misura è valida anche per chi ha l’esenzione. Purtroppo però il fenomeno del drop-out, cioè delle prenotazioni andate a vuoto per mancata disdetta è inquietante: a fronte di liste di attese bibliche circa 390 visite al giorno vanno perse. In caso di pazienti recidivi nel disertare un appuntamento, è possibile predisporre una sorta di black list, con ammonizione? Tipo: se non avverti per tempo non potrai più prenotare prestazioni a Cup per un tot di tempo. «Sinceramente l’obiettivo è quello di arrivare a non applicare alcuna sanzione. Le persone devono essere richiamate sistematicamente, in modo da prevenire il drop-out. Dal momento che spesso le agende offrono spot liberi a lungo termine, si registrano moltissime disdette. Gli utenti hanno diversi canali per comunicarle, tra i quali il recall automatico con operatore oppure il portale web. Ma quando abbiamo a che fare con appuntamenti a diversi mesi, allora è frequente che il paziente si dimentichi di disdire. A quel punto dobbiamo essere noi a contattarlo prima a media scadenza, e poi a una settimana dall’appuntamento».
L’altro enorme problema è l’esodo dei pazienti sassaresi verso altre zone dell’isola (vedi Cagliari), dove i tempi di attesa per le prestazioni si dimezzano. È possibile riequilibrare le differenze nelle agende sanitarie e ridistribuire le risorse per colmare la differenza? «Nel 2018 erano stati istituiti gli ambiti territoriali di garanzia. Le Asl, nei loro confini di competenza, dovrebbero provvedere a dare risposte di assistenza nei tempi di legge. Gli ambiti di garanzia non sono mai stati applicati. Sarà nostra priorità analizzare il gap tra Sassari e Cagliari e cercare di riequilibrare risorse e capacità di erogare prestazioni»