San Martino, bando dopo l’estate ma i dipendenti restano nel limbo
Il curatore risolve l’affitto e “restituisce” l’azienda alla Città Metropolitana
Sassari Un nuovo capitolo si apre nella lunga e travagliata vicenda della San Martino, storica azienda dell’acqua minerale oggi in liquidazione giudiziale.
Il curatore fallimentare, Giovanni Franco Sotgiu, ha comunicato formalmente la risoluzione del contratto di affitto con la Città Metropolitana di Sassari, proprietaria delle fonti, dei terreni e degli immobili. Il contratto, siglato nel 1991 con l’allora Amministrazione Provinciale, prevedeva rinnovi automatici ma è stato sciolto su autorizzazione del comitato dei creditori, nell’ambito della procedura aperta dal Tribunale di Sassari a fine marzo 2025.
A determinare la decisione, l’impossibilità per la curatela di proseguire l’attività, non essendoci stata alcuna autorizzazione da parte del Tribunale. I rapporti di lavoro per i 20 dipendenti – tutti a tempo indeterminato, uno part-time – sono oggi sospesi, senza assegni e senza ammortizzatori ordinari, mentre l’azienda torna nella disponibilità della Città Metropolitana.
Un passaggio che però solleva delicatissime questioni giuridiche e finanziarie, in particolare per quanto riguarda le passività, i crediti dei lavoratori e le prospettive di rioccupazione.
La Città Metropolitana ha preso atto della comunicazione e ha affidato ai propri legali l’analisi del documento, in particolare nella parte in cui si parla del trasferimento dei rapporti di lavoro e del potenziale accollo delle passività pregresse, che dovrebbero rimanere completamente in carico alla precedente gestione.
Al contempo, l’ente sta lavorando alla predisposizione di un nuovo bando per riaffidare l’azienda, con l’obiettivo di includere una clausola che tuteli il reimpiego dei lavoratori. Nella migliore delle ipotesi, il bando sarà pubblicato dopo l’estate, con l’assegnazione prevista entro la fine del 2025 o l’inizio del nuovo anno.
Resta però aperta la questione più urgente: il sostegno al reddito per i lavoratori sospesi. L’assessora regionale al Lavoro, Desirè Manca, e il commissario della Città Metropolitana, Gavino Arru, sono impegnati nell’individuazione di un percorso giuridicamente sostenibile per garantire un minimo di tutela in questa fase transitoria. La soluzione non può passare per la Naspi, in quanto l’attività non è cessata ma sospesa, e quindi la prestazione non è accessibile secondo l’attuale quadro normativo. Il curatore ha chiarito che l’onere per eventuali misure a favore dei lavoratori ricade ora sulla Città Metropolitana.
Una posizione che rafforza l’urgenza di definire strumenti concreti a supporto del personale, lasciato senza reddito da mesi. Dal fronte sindacale arriva un commento chiaro. Giovanni Campus, legale che assiste i lavoratori, spiega: «Prendiamo atto della comunicazione del curatore, con un certo disappunto per il tempo perso. Per noi ora si apre un nuovo capitolo, con il confronto con la Città Metropolitana che inizierà immediatamente riguardo il futuro dei lavoratori e il sostegno al reddito in questa fase di passaggio. Esistono precedenti in cui i dipendenti di aziende private sono stati assorbiti dal pubblico, come per il personale di SAR e Progemisa assorbito in Arpas, ma la vicenda è particolarmente complessa e anche il quadro normativo è mutato. La priorità è garantire la tutela dei lavoratori e la ripresa dell’attività il prima possibile».
Il futuro della San Martino, dunque, resta incerto. Il curatore ha indicato che alla data della retrocessione tutti i rapporti di lavoro formalmente ancora attivi saranno trasferiti al nuovo soggetto pubblico, ma le condizioni di questo passaggio restano tutte da negoziare. I sindacati sono pronti al confronto e hanno già avviato le procedure per l’esame congiunto previsto dalla legge, ma chiedono che si passi rapidamente dalle parole ai fatti. Nel frattempo, i lavoratori – alcuni con responsabilità di produzione, magazzino e manutenzione – restano sospesi in un limbo senza salario e senza garanzie. Uno di loro ha già rassegnato le dimissioni. Gli altri diciannove attendono una risposta, con la speranza che la nuova assegnazione non si trasformi in una nuova occasione mancata.