Suicidio medicalmente assistito: la proposta di legge divide il Consiglio regionale
La discussione in aula la prossima settimana. La Corte costituzionale ha invitato già dallo scorso anno il Parlamento a legiferare sul tema
Cagliari Riprendono la settimana prossima i lavori dell’aula del consiglio regionale. Lo ha deciso ieri, 9 settembre, la conferenza dei capigruppo. Al primo punto all’ordine del giorno la proposta di legge sulle “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019”. A seguire una leggina sulla formazione professionale e alcune mozioni. La prima (primo firmatario Ticca) riguarda l’autonomia differenziata, la seconda (Truzzu) riguarda la gestione dei parcheggi regionali nelle ore serali nei centri cittadini; la terza (Cocco) sul sostegno del sistema universitario. A seguire si discuterà sui lavori nella statale 554, sull’edilizia popolare, sugli educatori socio-pedagogici e su patologie corneali.
La proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito arriva in aula dopo una lunga attesa. Il tema è naturalmente divisivo anche tra gli schieramenti. La proposta di legge, anche nel titolo cerca di mantenersi all’interno dei paletti, a dir vero ben definiti, della Corte Costituzionale, che anche di recente con la sentenza 135 dello scorso anno ha invitato il Parlamento a legiferare sul tema, ponendo limiti nei casi dove la punibilità al suicidio è prevista. «Entro lo specifico ambito considerato, il divieto assoluto di aiuto al suicidio – scrivono i giudici costituzionali – finisce per limitare ingiustificatamente nonché irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, imponendogli in ultima analisi un’unica modalità per congedarsi dalla vita». Tra i “paletti” posti dalla Corte il ruolo centrale del Servizio Sanitario Nazionale e del comitato di bioetica locale. Temi ripresi dalla proposta sarda, che dovrebbe, se approvata, essere impugnata dal Governo. Prima però servirà il voto in aula, che potrebbe far emergere anche una maggioranza consiliare contraria alla legge.