Il ministro Urso: «Su SyderAllois ed Euroallumina arriveranno presto buone notizie» – L’intervista completa
L'esponente del governo Meloni: «Pronti a dire addio al carbone in Sardegna»
Adolfo Urso, 68 anni, è parlamentare da diverse legislature e ministro delle imprese e del made in Italy dalla nascita del governo Meloni. Laureato in sociologia, nel passato è stato dirigente del Fronte della Gioventù e tra i fondatori di An. Vicino a suo tempo a Gianfranco Fini, è stato 20 anni fa viceministro dello Sviluppo Economico, per poi aderire dieci anni fa a Fratelli d’Italia. In questa intervista parla delle crisi industriali, del metano, dei dazi, di industria della Difesa e di startup.
Il Mimit ha convocato diversi tavoli di crisi per la Sardegna: due si sono svolti in questi giorni: su Sider Alloys ed Eurallumina. Agli svizzeri lei ha dato tempi stretti per dimostrare di essere ancora in grado di sostenere il riavvio dell’impianto di alluminio. Su Eurallumina c’è il macigno del Csf. A che punto sono i due dossier?
«Per Euroallumina abbiamo sbloccato la questione principale, cioè l’approvvigionamento energetico, con il decreto del presidente del Consiglio in attesa da troppi anni. Ora speriamo che si apra un confronto proficuo tra Csf e azienda che consenta il superamento dell'attuale situazione, siamo fiduciosi. Per Sider Alloys abbiamo suonato il gong: se l’azienda non dimostrerà nelle prossime settimane di disporre delle risorse finanziarie per accelerare sugli investimenti, Invitalia eserciterà la clausola prevista nel contratto. Abbiamo inoltre consapevolezza, grazie al ruolo attivo svolto dai nostri uffici, che esistono due significativi interessi da parte di player industriali internazionali di assoluto livello che potrebbero essere valutati ove l’azienda si rendesse disponibile attraverso l’individuazione di un advisor, come abitualmente si fa. Anche in questo caso dobbiamo recuperare agli errori connessi ai precedenti governi, nove anni fa, con procedure perlomeno discutibili».
Nel polo di Portovesme, che lei ha visitato a fine anno, insiste anche una terza multinazionale, la Glencore, intenzionata a chiudere le linee di piombo-zinco e a creare un polo di riciclo di batterie da auto elettriche. Tutto ciò con ripercussioni sui posti di lavoro e con un piano industriale ancora nebuloso. Cosa chiedete a Glencore e quali indicazioni darete per il prossimo futuro? Il piano “Black mass” in linea teorica vi convince? Chiederete anche in questo al privato, verticalizzazioni di linee produttive o seconde lavorazioni?
«Il piano Black Mass è il più importante tra i quattro progetti su cui la Commissione Europea ha dato il proprio consenso. È un buon inizio per contribuire al rilancio dell’area quale polo del riciclo delle materie prime, su cui stiamo lavorando con altri progetti anche di respiro europeo, ma è insufficiente a garantire adeguati livelli occupazionali. Chiederemo all’impresa precise garanzie di investimenti, tempi e risorse adeguate e, nel contempo, di fare ulteriori valutazioni sulla continuità produttiva del sito. In ogni caso, abbiamo posto le basi per sviluppare una politica industriale per l’area che non si limiti a gestire crisi che risalgono alle scelte sbagliate del passato, ma che colga le opportunità di sviluppo. Penso al caso di Rwm, la multinazionale tedesca la cui crescita produttiva e occupazionale è pregiudicata dall’inazione della Regione. Abbiamo, anche in questo caso, promosso un tavolo perché ci sono centinaia di posti di lavoro in ballo: 250 nuove assunzioni oltre ai precari che possano essere stabilizzati».
Il polo del sud ovest, erede delle ceneri dell’industria di Stato (Eni ed Efim), oggi in totale crisi è l’unico polo di metalli non ferrosi d’Italia. Alluminio, piombo, zinco lei li ha definiti “strategici”. Ma come far ripartire i processi di lavorazione se chi c’è vuole andare via perché ritiene le condizioni attuali non convenienti? Vi siete dati un tempo per rimettere in pista queste filiere?
«Siamo stati i primi in Europa ad approvare una legge in linea con gli obiettivi del regolamento europeo sulle materie prime critiche, introducendo una fast track autorizzatoria e un fondo strategico con una dotazione iniziale di un miliardo di euro. Ben quattro progetti italiani sono stati selezionati dalla Commissione europea come progetti strategici nell’ambito del Critical Raw Materials Act. Abbiamo inoltre offerto la nostra disponibilità a realizzare in Italia il primo deposito strategico europeo per le materie prime critiche. Siamo pronti ora ad affiancare le imprese che intendono partecipare al secondo bando della Commissione per progetti strategici nei settori dell’estrazione, della lavorazione e del riciclo delle materie prime, come fatto da Glencore per Portovesme. Riteniamo che quest’area disponga oggi di tutte le condizioni logistiche, portuali e finalmente anche energetiche per diventare un vero polo di sviluppo, anche industriale, come dimostra l’esperienza di Rwm. Non basta gestire le crisi: occorre anche delineare prospettive di crescita. Per questo invito tutti a lavorare insieme in questa direzione».
Nei giorni scorsi è stato firmato il Dpcm legato al sistema di metanizzazione dell’isola. Cosa rappresenterà per l’isola?
«Questo Dpcm rappresenta una svolta per la Sardegna. Apre la strada alla decarbonizzazione dei settori industriali e alla reindustrializzazione dei territori, a partire dal Sulcis. Il decreto individua le opere e le infrastrutture necessarie al superamento del carbone nell’isola, garantendo l’approvvigionamento di gas e il potenziamento delle interconnessioni elettriche con la penisola, al fine di assicurare un’equità tariffaria a livello nazionale, a tutela delle imprese e dei consumatori sardi. Prevede inoltre il rafforzamento della rete di trasmissione interna e lo sviluppo di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili».
Il suo dicastero segue da tempo anche la vicenda di una società tedesca, la Rheinmetall, la quinta società del comparto difesa d’Europa, presente in Sardegna con uno stabilimento nel Sulcis. Lì si producono pezzi d’artiglieria e bombe. La società vuole espandersi, e garantisce ulteriori assunzioni di personale qualificato ma trova ancora ostacoli e perplessità, visto il momento. Qual è la vostra opinione? Il percorso amministrativo a livello ministeriale si è completato? Cosa vi sentire di suggerire alla Regione?
«Riteniamo che una realtà come Rheinmetall rappresenti una opportunità di rilancio strategico occupazionale e produttivo per l'area del Sulcis. L'azienda opera nel settore difesa, ambito rispetto al quale sono previsti ampi finanziamenti nei prossimi anni. In merito alla vicenda specifica del sito Rwm del Sulcis manca un ultimo passaggio amministrativo in sede regionale che riteniamo debba essere presto risolto. L'incontro al Mimit del prossimo 24 settembre si pone esattamente questo obiettivo. Non possiamo perdere occasioni e ulteriore tempo».
Tra le competenze del suo dicastero vi è anche quella della gestione e della risoluzione delle crisi aziendali. In queste ore la multinazionale Bekaert, che è insediata nell’area di Cagliari con una fabbrica che produce vergelle per pneumatici con 260 occupati ha annunciato l’intenzione di vendere per le difficoltà a rientrare dai costi dell’energia. Come in questa fase impedire la fuga degli stranieri in attesa che arrivi il metano tra non meno di 4 anni?
«Affronteremo con grande attenzione come di prassi la vicenda con un confronto necessario quanto serrato con tutte le parti coinvolte verificheremo assieme alle parti ogni azione utile per non disperdere patrimoni produttivi e di competenza. Anche in questo caso come in altre ci muoveremo rapidamente nel modo più efficace possibile».
Dazi. La Sardegna non è particolarmente colpita dalle decisioni dell’amministrazione Trump, se non per le esportazioni del formaggio pecorino. Avete in mente azioni di reindirizzamento verso altri mercati per i prodotti che soffriranno, nel prossimo anno l’impatto delle nuove politiche tariffarie?
«Assolutamente sì. È già in campo il piano italiano per sostenere le nostre imprese nei mercati emergenti, dal Golfo all’India, in alcuni Paesi africani, così come in Sud America e in Messico, anche grazie alla recente finalizzazione degli accordi di libero scambio. Chiediamo inoltre alla Commissione di accelerare sulla strada degli accordi bilaterali; evidenzio quello con gli Emirati e con l’Indonesia, che potrebbero essere sottoscritti a breve».
Tra gli ambiti di competenza del Mimit anche le startup e le Pmi innovative. La Sardegna soffre l’essere periferica e avere difficoltà nella raccolta dei capitali per le iniziative innovative. Pensate di fare qualcosa a sostegno del Sud?
«Le startup in Sardegna hanno di recente registrato una crescita esponenziale, grazie anche alle agevolazioni riconosciute dalla Regione a valere sui Fondi strutturali. Noi abbiamo spinto sull’acceleratore con la riforma varata con la legge sulla concorrenza dello scorso anno. Gli incentivi e l’ecosistema degli incubatori e degli acceleratori sono stati messi a fuoco in modo da favorire lo sviluppo delle startup più promettenti. In attuazione della riforma, un ingente volume di capitali arriverà alle PMI innovative e alle startup dai Fondi pensione e dalle Casse di previdenza, attraverso i Fondi di venture capital. Stiamo inoltre lavorando a un Testo unico per offrire un quadro certo. Oggi ci sono tutte le condizioni perché la creatività che il Sud ha sempre espresso trovi un canale efficace di crescita e sviluppo»