La Nuova Sardegna

Arzachena «Ho sparato per difendermi». Sarebbe questa la versione fornita nella confessione resa agli inquirenti da Emanuele Ragnedda, l’imprenditore  41enne reo confesso dell'omicidio di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo scomparsa la notte tra l’11 e il 12 settembre e ritrovata morta nel vigneto dell’azienda Conca Entosa, di proprietà di Ragnedda.

Durante l'interrogatorio di ieri, 24 settembre, nella caserma di Palau, durato circa sei ore, Ragnedda avrebbe detto agli inquirenti di avere sparato alla donna dopo un violento litigio, affermando di aver agito per paura quando lei si sarebbe avvicinata con un oggetto in mano. A quel punto, sempre secondo quanto riferito da Ragnedda, avrebbe premuto il grilletto, non è ancora chiaro quante volte, per paura di un’aggressione.

Nella sua prima versione, Ragnedda aveva detto ai carabinieri che lui e la ragazza erano andati a casa sua, e che l’indomani, quando si era svegliato, l’aveva trovata morta. Aveva tirato in ballo anche un altro ragazzo, indicandolo come colui che aveva caricato in auto il corpo della vittima e l’aveva gettato in mare. Una versione che non ha affatto convinto gli investigatori. E che è andata in frantumi nel momento in cui, ieri mattina, i carabinieri del Ris sono entrati per i rilievi nella tenuta di Conca Entosa, trovando soprattutto all’ingresso, e in un divano, tanto sangue.

Nella casa di Ragnedda sono stati sequestrati una pistola, un caricatore, le auto. I cellulari dell’uomo erano stati già sequestrati dai militari nel momento in cui era stato indagato, così come era stata messa sotto sequestro l’intera tenuta.