La Nuova Sardegna

L’intervista

I genitori di Ythan, morto nel crollo del casolare a Nuoro, non si danno pace: «Quello stabile doveva essere messo in sicurezza»

di Kety Sanna
I genitori di Ythan, morto nel crollo del casolare a Nuoro, non si danno pace: «Quello stabile doveva essere messo in sicurezza»

Il giovane era deceduto il giorno di Pasquetta di un anno fa insieme al suo amico Patrick

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Nuoro «Dolore, rabbia e un senso di impotenza. Non è facile dare un nome ai sentimenti che proviamo in questo momento. Ci sentiamo abbandonati. Non crediamo più in nulla». I genitori di Ythan Romano, Noelia Pisano e il marito Damiano, il giorno dopo la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla morte del figlio 14enne e dell’amico fraterno Patrick Zola, deceduti a seguito del crollo di un casolare abbandonato, il giorno di Pasquetta di un anno fa, non si danno pace. Il pubblico ministero Riccardo Belfiori ha depositato al giudice per le indagini preliminari Mauro Pusceddu l’istanza di archiviazione per i 12 indagati di omicidio colposo, proprietari dell’immobile che avrebbero potuto avere un ruolo nella mancata messa in sicurezza dell’edificio fatiscente dove si è consumata la tragedia, in quanto non ci sono elementi sufficienti per sostenere un’accusa.

Cosa avete pensato quando è arrivata la notizia?

«Siamo rimasti senza parole. Eravamo in cimitero, era il primo del mese, come il giorno in cui, un anno fa, è morto Ythan. Ci è venuto un crampo allo stomaco. Abbiamo pensato che tutto questo è indecoroso. Il dato tecnico è che l’azione dei nostri ragazzi sarebbe causa unica ed esclusiva del crollo di quello stabile che, seppur fatiscente, da alcuni è stato considerato in buono stato. Eppure ora si ha fretta di buttarlo giù quel rudere. È una presa in giro».

Cosa vi ferisce di più in questo momento?

«Perdere un figlio è devastante e nonostante la tragedia sia tutta nostra, allo stato delle cose leggo una sola frase: “peggio per loro”. Come che Ythan sia andato a cercarsela. Per me è l’ennesima coltellata. Mio figlio da quel giorno è morto tante volte. Quello stabile non era mai stato in buone condizioni come ci vogliono fare credere. Ythan e Patrick hanno sbagliato ad entrare ma è anche vero che l’accesso era libero, non c’erano recinzioni. Cosa sia successo quel maledetto pomeriggio lo sanno solo loro ma non possono più raccontarlo. Quella casa era un punto di ritrovo per tanti giovani. Ythan e Patrick sono stati traditi dalla loro curiosità».

C’erano state segnalazioni per lo stato del rudere prima della tragedia?

«Il parroco della chiesa dei Salesiani aveva segnalato da tempo al Comune la pericolosità di quella casa ma nessuno ha mai fatto nulla. Quando è successa la tragedia io non ho pensato di chi fosse la colpa. A me mancava solo mio figlio. Non mi interessava altro».

Poi cos’è accaduto?

«Due giorni dopo il fatto sono venuti a casa i carabinieri per notificarci l’avviso delle indagini per 14 indagati. Quello ci ha impedito di poter cremare Ythan, perché per me ciò che contava era riportarlo a casa. Siamo stati zitti tutti questi mesi e abbiamo sperato che la giustizia facesse il suo corso. Non abbiamo mai voluto niente se non il fatto che il nome di nostro figlio non venisse “sporcato”. Ovvio che i proprietari del casolare non volevano che succedesse questo, però ora non possono dire, essendosene disinteressati per tantissimi anni, di avere un terreno con un rudere che andava messo in sicurezza. Perché non si sono preoccupati di chiudere gli ingressi e recintare l’area? Ci sono stati crolli anche in passato e la situazione è rimasta invariata. Ora vogliamo che si faccia piena luce su tutte le responsabilità».

Cos’è emerso dalle perizie?

«Il dato tecnico è che l’azione dei ragazzi sarebbe causa unica ed esclusiva del crollo del solaio. Noi diciamo che questa parte era in rovina da tempo. Noi non neghiamo che Ythan e Patrick siano entrati, ma la loro azione all’interno non può essere l’unica causa del cedimento. Com’è possibile che due minori possano essere riusciti ad avere la forza di abbattere una struttura che si trovava in buono stato? Avrebbero usato travi e assi di legno per buttare giù il solaio che però non sono mai stati trovati. E se fossero veri i lanci di pietre contro i muri, significa che quello stabile era in precario equilibrio».

L’ultimo ricordo di quel maledetto giorno?

«Ythan mi aveva mandato un messaggio qualche minuto prima delle 19. Doveva recuperare un libro e stava per rientrare. Dev’essere successo in quel momento. Doveva essere a casa per le 19.30. Poco dopo sono stata chiamata e mi sono precipitata verso il rudere».

Cosa farete adesso?

«Con il nostro avvocato ci opporremo, poi potremo cremare Ythan e finalmente lo riporteremo a casa, perché lui voleva stare con noi. Spero di poterlo fare prima di dicembre: era il suo compleanno, il mio e quello del suo fratellino che non ha mai smesso di parlare di lui. Tutte le volte che passo davanti a quel casolare rivivo quei momenti e mi viene voglia di scavare. Ythan e Patrick avevano tanti sogni. Spero ancora che possa muoversi qualcosa. L’unica loro colpa è stata entrare e non capire il pericolo. Il crollo c’è stato anche perché la struttura era in un pessimo stato».

Noelia parla e non trattiene le lacrime. Mostra un tatuaggio con la frase “Oh ma” il modo in cui il suo Ythan si rivolgeva a lei quando doveva chiederle qualcosa. Ha sempre con sé la medaglia personalizzata con il volto sorridente del bambino. Lei e il marito ora chiedono rispetto e silenzio.

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