I consigli del medico: «Contro la salmonella cibi separati e non usate i guanti in cucina»
Giuseppe Usai (Asl): «Nel 2025 dieci positività nei controlli, multe da 5mila euro». Errori banali e fretta nella preparazione di carni, uova e mitili
Sassari In un Paese che fotografa ogni piatto prima di mangiarlo, ma si dimentica di lavarsi le mani, la Salmonella è tornata a bussare alla porta della cucina. C’è chi conserva carne cotta e cruda a stretto contatto, chi crede che i guanti siano il massimo dell’igiene, chi usa sempre lo stesso coltello per tagliare alimenti diversi, chi mangia le cozze crude pensando che il limone disinfetti tutto, e chi lascia il tiramisù in macchina ad agosto. Il dottor Giuseppe Usai, nella sua carriera ne ha viste, è il caso di dirlo, di cotte e di crude. Dirigente veterinario, è direttore del Servizio Igiene degli alimenti di origine animale dell’Asl di Sassari, che fa capo al Dipartimento di Prevenzione veterinaria del Nord Sardegna.
Usai si occupa della tutela della sicurezza alimentare in tutte le fasi: produzione, trasformazione, trasporto e commercializzazione degli alimenti di origine animale. Parliamo di carni, pesci, uova, miele, prodotti lattiero-caseari, mitili e così via. «Il nostro compito – spiega – è prevenire e controllare tutto ciò che può mettere a rischio la salute del consumatore».
In queste settimane si è parlato di un ritorno della Salmonella. Cosa sta succedendo?
«Purtroppo c’è stata una recrudescenza delle positività alla Salmonella negli alimenti di origine animale. I numeri sono più alti rispetto agli anni precedenti: nel 2025 abbiamo già rilevato una decina di positività nei nostri campionamenti ufficiali, e in alcuni casi siamo dovuti arrivare anche alla denuncia penale dell’operatore, perché la presenza di Salmonella comporta un reato».
Che cosa rischiano gli operatori in questi casi?
«C’è la violazione dell’articolo 5 della legge 283 del 1962, che vieta la commercializzazione di alimenti nocivi. Si tratta di sanzioni importanti: da 5 a 6 mila euro per singola violazione, e nei casi più gravi anche conseguenze penali. Con la riforma Cartabia si può estinguere il reato con un’ammenda».
Quali sono gli errori più frequenti che portano alla contaminazione?
«Sono quelli più banali: scarsa igiene, contaminazioni incrociate, cattiva cottura o cattiva conservazione. Si usano gli stessi coltelli e taglieri per carni diverse, non si sanificano le superfici, si tengono i cibi caldi a temperatura ambiente per ore. E poi c’è il capitolo guanti».
L’uso dei guanti non è sinonimo di igiene?
«L’utilizzo dei guanti in cucina è una grandissima stupidaggine. Dà l’illusione di essere puliti, ma è il contrario. Chi indossa i guanti smette di lavarsi le mani: tocca carne, soldi, telefoni e poi manipola gli alimenti. Il guanto diventa un mezzo di contaminazione crociata. Meglio lavarsi le mani spesso e bene, con acqua e sapone, e asciugarle con carta monouso. Dovrebbe essere la regola. Difficilmente si vede un operatore con i guanti che si ferma a lavarsi le mani con il sapone».
In sostanza, il guanto dà una falsa sicurezza.
«Esatto. Ti fa credere di essere pulito, ma non percepisci più lo sporco. Quando lavori senza guanti senti la necessità di lavarti le mani, perché te ne accorgi. È proprio quella percezione che ti salva. Per questo consiglio sempre: meno guanti, più sapone».
Oltre ai guanti, quali altre “stupidaggini” vede più spesso?
«L’uso dello stesso tagliere per il pollo e le verdure, o dello stesso coltello per carne e pane. Oppure l’abitudine di lasciare piatti cotti vicino a cibi crudi. Anche la cattiva gestione della catena del freddo: frigo troppo pieno, alimenti tiepidi, raffreddamento lento. Sono errori piccoli, ma possono avere grandi conseguenze».
Vengono commessi per superficialità, ignoranza, voglia di risparmiare?
«Direi che è più una mancanza di attenzione legato alle tempistiche di preparazione, altre volte incide la scarsa dotazione di personale oppure gli spazi troppo angusti per consentire a una separazione netta delle varie tipologie di cibi. Immaginiamo i food truck, i furgoncini street food, o i piccoli ristorantini che non hanno cucine spaziose. Eppure potrebbero ovviare al problema con la giusta separazione temporale delle pietanze».
Può spiegare meglio cos’è la contaminazione crociata?
«È il passaggio dei batteri da un alimento all’altro attraverso mani, utensili o superfici. Basta appoggiare una bistecca cotta su un piatto dove prima c’era carne cruda per contaminare tutto».
Quali sono gli alimenti più a rischio?
«Uova, carni di pollo, tacchino e maiale, ma anche i mitili, perché sono animali filtratori e possono assorbire la contaminazione dalle acque di allevamento. Oppure possono contrarre batteri negli ambienti di depurazione, dove in teoria dovrebbero subire appunto un trattamento volto a ridurre la tossicità. C’è però da sottolineare che per i molluschi il rischio è gestito in maniera attenta, con delle campionature più frequenti rispetto ad altre tipologie di alimenti. In ogni modo sarebbe meglio consumarli ben cotti. Anche gli hamburger e le salsicce fresche, se non ben cotti, sono pericolosi. La cottura deve raggiungere almeno i 70 gradi al cuore dell’alimento: è la temperatura che inattiva la Salmonella».
E per quanto riguarda i controlli?
«Nel 2024 abbiamo eseguito circa 1000 controlli ufficiali e 200 campionamenti su attività di produzione, trasformazione e vendita di alimenti di origine animale. Oltre a questi, ogni operatore deve eseguire campionamenti in autocontrollo, sia sulle materie prime che sui prodotti finiti da loro lavorati per dimostrare che la successiva commercializzazione sia sicura. Non sono ovviamente dei campionamenti su ogni lotto di produzione, ma avvengono su frequenza annuale».
Se un campione risulta positivo, cosa succede?
«Scatta la procedura di allerta rapida. Esiste un sistema europeo che collega tutte le autorità sanitarie e permette di diffondere subito la notizia di una positività, così da bloccare la distribuzione del prodotto. Se il prodotto è già in commercio, viene richiamato dal mercato in poche ore».
Le intossicazioni avvengono solo nei laboratori e nei ristoranti, o anche a casa?
«Anche a casa, e molto spesso. I comportamenti scorretti sono gli stessi: lavaggio approssimativo delle mani, superfici contaminate, cotture incomplete, frigoriferi mal gestiti».
Bisogna lavorare di più sulla formazione?
«Sì, la formazione è obbligatoria per legge. Tutti gli operatori del settore alimentare devono frequentare corsi in materia di igiene e autocontrollo, certificati da enti autorizzati. Chi non è formato viene sanzionato e deve mettersi in regola».